Venezuela. L’Unione Europea scommette forte sull’apertura

di Francesco Giappichini

L’Unione Europea sta scommettendo forte sul reinserimento a pieno titolo di Caracas nella comunità internazionale, e sulla riapertura del Venezuela verso i mercati. Un’euforia che non pare scossa dal processo di svalutazione del bolívar venezuelano sovrano, che da inizio dicembre ha perso un quinto del valore sul dollaro.
E’ di pochi giorni fa la notizia che Bruxelles investirà nel Paese cinque milioni e mezzo di euro: una parte beneficerà progetti riguardanti le politiche giovanili, e il restante sarà destinato alla preparazione di un processo elettorale, corretto e inclusivo.
Il capo missione della “Delegación de la Unión Europea en Venezuela”, lo spagnolo Rafael Dochao Moreno, ha spiegato che i progetti sociali beneficeranno oltre 10mila giovani, che risiedono in 15 dei 23 Stati federati, che compongono la Nazione. Secondo il diplomatico, appassionato di arte e musica e autore del celebrato saggio “Crónicas jemeres”, dedicato all’attualità cambogiana, si tratta soprattutto di “azioni finalizzate all’organizzazione e alla partecipazione dei giovani nei processi di buon governo”.
Si è dunque superata la posizione di contrapposizione al governo Maduro, che condusse al riconoscimento del presidente dell’Assemblea nazionale, Juan Guaidó, come capo di stato ad interim del Venezuela. Del resto già nel gennaio ’21 un ambiguo comunicato dell'”Alto rappresentante dell’Unione per gli Affari esteri e la politica di sicurezza”, Joseph Borrell, aveva annunciato il cambio di rotta, e lasciato intendere che il mancato riconoscimento non è lo strumento migliore, per far pressione sulle autocrazie; (giorni dopo, il Parlamento europeo riconfermò l’appoggio all’oppositore Guaidò, in linea con gli Stati uniti). Tornando ai giorni nostri, si osserva che sulla stessa linea si pone l’imminente deliberazione di Madrid, di elevare al livello di ambasciatore il suo rappresentante in loco: l’incaricato d’affari Ramón Santos. Paiono lontani quindi i giorni in cui l’ambasciatore Jesús Silva fu espulso, dopo aver dato rifugio, nella sua residenza, al noto oppositore Leopoldo López.
Tuttavia sin da giugno ’21 si era compreso che la riapertura del Venezuela al mondo sarebbe stata inevitabile: l’italiana Eni (Ente nazionale idrocarburi), insieme a Repsol (Refinería española de petróleo sociedad limitada), ricevette il nulla osta dal Dipartimento del Tesoro di Washington, per commerciare petrolio venezuelano in Europa, (al solo fine, però, di riscuotere i debiti della locale compagnia petrolifera statale). L’attivismo europeo fa seguito alle aperture economiche di Washington, e anche alle offensive diplomatiche sudamericane. E se a cominciare è stata Buenos Aires, elevando l’encargado de negocios al rango di ambasciatore, le decisioni più rilevanti sono state quelle di Bogotà. Che ha deliberato la ripresa delle relazioni diplomatiche, e la riapertura delle frontiere tra i due Paesi. Del tutto analoghe, le intenzioni verdeoro: Mauro Vieira, ministro degli Esteri del Brasile da gennaio ’23, ha rivelato che il presidente eletto, Luiz Inácio Lula da Silva, gli ha chiesto di organizzare una missione diplomatica, da inviare a Caracas. La prossima tappa della riapertura venezuelana, saranno le primarie dell’opposizione: mirate a scegliere lo sfidante del presidente Nicolás Maduro, sono fissate per il 25 giugno ’23. Seguiranno le presidenziali ’24, che però alcuni settori governativi vorrebbero anticipare di un anno, per approfittare dei contrasti nell’opposizione.