di Giuseppe Gagliano –
In Venezuela la democrazia non viaggia in aereo. Il 19 maggio 2025, a pochi giorni dalle elezioni legislative e governative previste per il 25, il governo di Nicolás Maduro ha sospeso con effetto immediato tutti i voli da e per la Colombia. La giustificazione ufficiale è la più antica del repertorio bolivariano: la minaccia esterna, l’infiltrazione di “mercenari”, il complotto internazionale. Dietro lo stop si cela però un’ennesima prova di forza, un riflesso pavloviano di un potere che si nutre del sospetto e sopravvive aggrappandosi a un controllo ossessivo della narrazione.
Il ministro degli Interni, Diosdado Cabello, ha parlato di soggetti stranieri giunti via Colombia con l’obiettivo di sabotare il processo elettorale, fomentare disordini, persino attaccare infrastrutture civili e ambasciate. Il tutto, secondo Cabello, orchestrato con la complicità dell’opposizione interna e in particolare della leader María Corina Machado, già esclusa dalle presidenziali del 2024 e divenuta ora simbolo della contestazione interna. Machado avrebbe persino lanciato appelli al boicottaggio, il che nella logica del chavismo equivale ormai a una dichiarazione di guerra.
La verità però non sta solo nelle parole del governo. Sta anche nel panico dei passeggeri fatti scendere da un volo Latam per Caracas già pronto al decollo da Bogotá. Sta nelle testimonianze di chi, come Thajois Leonetti, non vedeva il Venezuela da sei anni e si è visto negare il ritorno per una misura senza preavviso. Sta nell’effetto pratico di una decisione che isola ancora di più il Paese e conferma l’uso sistemico dell’“emergenza” come strumento politico.
Il governo Maduro non cerca più consensi. Cerca nemici. E se non ci sono, li fabbrica. La sospensione dei voli è solo il fronte più visibile di una campagna di repressione ben più ampia: basti pensare all’arresto dell’attivista Eduardo Torres e alla riesumazione della famigerata “operazione tun-tun”, una procedura che legalizza la persecuzione selettiva. Non è un caso se le autorità colombiane hanno fatto sapere di non essere state informate della misura: il dialogo bilaterale si è trasformato in monologo securitario.
Il Venezuela si avvicina al voto con una sola certezza: la sua classe dirigente non ha più bisogno di maschere. Può bastare la divisa.