di Paolo Menchi –
Dopo le polemiche seguite alla sua rielezione, Maduro continua a gettare benzina sul fuoco e, anziché cercare di placare gli animi (nel corso delle proteste post voto sono state arrestate un migliaio di persone), continua ad avere un atteggiamento provocatorio che alla lunga potrebbe rivelarsi un boomerang.
Oltre a non accettare di pubblicare i verbali elettorali, dai quali secondo l’opposizione si potrebbe rilevare la sua sconfitta e la vittoria di Gonzalez con l’ottanta per cento dei voti, quello che ormai su può chiamare il regime chavista sta cercando di fare terra bruciata attorno agli oppositori.
E’ notizia di questi giorni che il giudice dward Briceño, che ha competenza sulle problematiche legate al terrorismo, ha ordinato l’arresto di Edmundo González Urrutia, l’uomo che aveva conteso la vittoria a Maduro nelle recenti elezioni, davvero una strana coincidenza.
L’ordine segue di poche ore la richiesta da parte della Magistratura Generale della Repubblica.
In un comunicato firmato dal magistrato si accusa il leader dell’opposizione di “usurpazione di funzioni, falsificazione di atti pubblici, istigazione alla disobbedienza alle leggi, cospirazione, sabotaggio dei sistemi e reati di associazione”.
Inutile dire che tale provvedimento ha suscitato indignazione a livello mondiale e porterà il Venezuela verso un isolamento internazionale ancora più accentuato.
Oltre ad un comunicato congiunto di condanna firmato dai governi di Argentina, Costa Rica, Guatemala, Paraguay, Perù, Repubblica Dominicana e Uruguay, infatti, la decisione è stata censurata dal sottosegretario americano Brian Nichols, dal vicepresidente della Commissione europea Josep Borrel e dal politico brasiliano Celso Amorim, attualmente consulente di Lula, che ha dichiarato che la decisione rende tutto più difficile, riferendosi al tentativo di mediazione congiunta che stanno portando avanti Colombia e Brasile.
L’opposizione ha anche denunciato che forze di sicurezza venezuelane hanno circondato l’ambasciata argentina a Caracas per cercare di arrestare sei oppositori di Maduro, rifugiatisi al suo interno dal marzo scorso, interrompendo anche la fornitura di energia elettrica all’edificio dove ha sede l’ambasciata, ora sotto il controllo del Brasile dopo l’espulsione dell’ambasciatore argentino.
Si tratta di una grave violazione della convenzione internazionale sull’asilo diplomatico che ha scarsi precedenti, denotando ancora di più l’arroganza di Maduro per il quale il ministero degli esteri argentino nelle corse settimane aveva chiesto un ordine di arresto alla Corte Penale Internazionale dopo i presunti brogli elettorali dello scorso 28 Luglio.