Venezuela. Maduro vince le elezioni parlamentari dominate dall’astensionismo

di Paolo Menchi

Domenica 6 dicembre si sono tenute in Venezuela le elezioni parlamentari conclusesi con la vittoria del partito di Maduro che ha ottenuto oltre il 67% dei consensi.
Per quanto quasi plebiscitario, il risultato non è l’espressione del sentimento popolare, se non altro per la scarsa affluenza alle urne.
La partecipazione al voto infatti è stata solo del 31% degli aventi diritto, con l’opposizione che, cosi come fece per le elezioni presidenziali del 2018, aveva chiesto l’astensionismo, perché, in mancanza di osservatori internazionali a garantire l’imparzialità del voto, non riteneva ci fossero le condizioni per delle consultazioni senza brogli.
Quindi ora il capo dell’opposizione Guaidò dovrà lasciare la carica di presidente del parlamento, ruolo che gli aveva permesso nel gennaio 2019 di sfidare Maduro e di farsi eleggere dall’Assemblea Nazionale, a maggioranza anti-chavista, presidente ad interim, dichiarando le elezioni presidenziali del 2018 illegittime.
Nonostante avesse ottenuto l’appoggio di Trump e un buon sostegno popolare (che però portò a scontri in piazza con numerosi morti e feriti) Guaidò non riuscì a scalzare Maduro che reagì con una violenta repressione delle manifestazioni popolari.
Per il Venezuela le cose si fecero ancora più difficili perché, oltre ai già numerosi omicidi relativi alla criminalità si aggiunsero infatti anche tanti delitti a sfondo politico.
La situazione economica si aggravò ancora, a causa delle sanzioni imposte dagli Stati Uniti che, a questo punto, non poterono far altro disconoscere Maduro come presidente.
Fallito il tentativo di andare al potere con la forza, e rinunciato a partecipare alle elezioni, non si vede come l’opposizione possa pensare di sconfiggere il chavismo.
È vero che l’elevato astensionismo che era stato chiesto è un buon risultato, non gradito al governo, ma non basta, oltretutto non si tratta sconfiggere un uomo simbolo, nel bene o nel male, come Hugo Chavez, che aveva comunque un certo carisma e appoggio popolare.
Maduro, che fu scelto da Chavez poco prima della sua morte, non sembra un vero leader, ma solo una sorta di legale rappresentante del chavismo, un movimento che, almeno a livello economico si è rivelato fallimentare.
Fino a dieci anni fa a Caracas, nelle località turistiche e in altre città si potevano trovare numerosi grandi centri commerciali scintillanti, con negozi di lusso, bar molto frequentati e con supermercati con ampia scelta di generi alimentari e non.
Da alcuni anni gli scaffali sono vuoti, non si trovano nemmeno i prodotti igienici di prima necessità, il tasso di inflazione nel 2019 era oltre il diecimila per cento e gli stipendi non si sono adeguati.
Non è un caso che ci sia stata una massiccia emigrazione, soprattutto verso la confinante Colombia, di circa 5 milioni di persone, una cifra enorme per un paese con poco più di 30 milioni di abitanti.
Il Venezuela è il paese con le maggiori risorse petrolifere del mondo (che restano nel sottosuolo), ma allora come si spiega questa situazione economica e perché da alcuni anni viene importata la benzina e addirittura il petrolio?
Probabilmente tutto nasce da una visione miope del chavismo che usava le enormi entrate petrolifere per politiche puramente assistenzialistiche e per rifornire a prezzi stracciati o addirittura gratuitamente, quei paesi amici dei quali Chavez voleva proporsi come leader di un movimento americano anti Usa, dimenticando di adeguare le strutture per l’estrazione del greggio, che oggi sono obsolete e necessiterebbero di investimenti non alla portata delle attuali finanze statali.
È arrivato il momento che, per il bene dei venezuelani, Maduro faccia un passo indietro coinvolgendo l’opposizione, a cui si chiede invece di fare un passo in avanti, partecipando alla vita politica e magari riconoscendo anche qualche merito al chavismo della prima ora, che, con le politiche sociali volte alla lotta alla povertà, al diritto all’educazione e alla casa, aveva migliorato la vita degli strati più bassi della popolazione.
Adesso il Venezuela ha bisogno ancora di nuove e più importanti politiche sociali ed economiche che possono essere realizzate solo riducendo lo scontro politico, evitando di ritornare a quella sorta di guerra civile che si sviluppò nei primi mesi del 2019, collaborando e cercando anche investitori stranieri per rilanciare il settore petrolifero da cui deriva il 97% delle entrate statali.