Venezuela. Un centinaio i morti da aprile, ma Maduro non ritira la Costituente

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Non si fermano le violenze in Venezuela dove l’ennesimo giovane, un 17enne, è rimasto ucciso in una manifestazione contro il presidente Nicolas Maduro nello stato settentrionale di Carabobo. Lo ha comunicato un parlamentare dell’opposizione, Marco Bozo Tamayo, il quale ha riferito che “Rubén Dario Gonzalez Jimenez è morto colpito da una pallottola” a Valencia.
In un’altra circostanza è stato invece ucciso a Maracay un candidato alla Costituente, José Luis Rivas Arangure, presidente del Fronte Motociclisti José Leonardo, il quale si apprestava a tenere un comizio pubblico quando un individuo ancora non identificato gli ha sparato.
In tre mesi sono ormai un centinaio le vittime degli scontri e della repressione in corso nel Venezuela, paese chiamato per il 31 luglio dal presidente Maduro alle elezioni per ridisegnare la Costituzione: spesso si tratta di giovani manifestanti uccisi dai “colectivos”, bande di estremisti che sostengono il regime e che attaccano i manifestanti dell’opposizione arrivando a sparare al volto.
Fin dalle elezioni del 2015 Maduro non gode più della maggioranza del parlamento, istituzione che ha tentato di esautorare accentrando su di sé i poteri attraverso una sentenza del Tribunale supremo, poi annullata a seguito delle proteste internazionali.
Le elezioni per i governatori e i sindaci, che dovevano tenersi lo scorso anno, sono state spostate per dicembre.
L’iniziativa di voler riformare la Costituzione gli ha tuttavia precluso ogni possibilità di dialogo con le opposizioni, le quali ora respingono anche i tentativi di mediazione provenienti da fuori, come dall’Osa (Organizzazione Stati Americani) e dal Vaticano.
Tuttavia a protestare non ci sono solo gli oppositori, bensì anche i suoi ex-sostenitori, dal momento che nel paese c’è ormai penuria di generi alimentari e di medicinali, il mercato nero ha prezzi inaccessibili e capita spesso che i negozi di generi alimentari e i mezzi che li riforniscano vengano presi d’assalto.
La corrente elettrica è razionata da mesi, mentre l’infrazione galoppa al 700%, ma secondo esperti del Fmi potrebbe arrivare entro la fine dell’anno al 1.600%.
Con Maduro c’è l’esercito e il suo peso politico, che lo scorso 17 aprile ha fatto avere al presidente il proprio sostegno “incondizionato”.
Oggi la Conferenza episcopale venezuelana è tornata a chiedere a Maduro di ritirare la sua proposta di riforma costituzionale e riconoscere l’autonomia degli altri poteri quali il Parlamento e la Procura Generale, un passo necessario a sciogliere la grave crisi politica che sta dilaniando il paese.
Il 6 luglio un gruppo di sostenitori di Maduro, identificati poi come “colectivos”, ha fatto irruzione nell’aula del Parlamento sequestrando per 9 ore i deputati presenti. Negli scontri interni alla Camera 7 deputati sono rimasti feriti, ed il presidente del Parlamento Julio Borges ha riferito di 350 persone sequestrate, fra le quali un centinaio di giornalisti, prima che la polizia riuscisse ad evacuare l’edificio.
Con una nota il ministro degli Esteri Angelino Alfano ha comunicato che “Seguiamo la situazione in Venezuela costantemente e con sempre più preoccupazione. Condanniamo, come ha fatto lo stesso presidente Maduro, i recenti episodi di violenza che hanno colpito il Parlamento, lasciando feriti anche parlamentari italiani, ai quali esprimiamo tutta la nostra vicinanza.
Ci auguriamo che il governo del Venezuela si impegni decisamente per prevenire ogni ulteriore violenza, per proteggere i propri cittadini, rispettare i loro diritti e libertà fondamentali e garantire loro normali condizioni di vita.
Rivolgiamo ancora una volta un forte appello al dialogo tra governo e opposizioni per una soluzione pacifica della crisi in corso. Rinnoviamo la nostra piena disponibilità a contribuire a ogni possibile mediazione”.