di Guido Keller –
Obiettivi Houthi sono oggi stati colpiti da raid statunitensi, un attacco che complessivamente ha causato, secondo il ministero della Sanità yemenita, almeno 31 morti. Nella fattispecie ad essere distrutti, su diretto ordine di Donald Trump, sono stati impianti radar, sistemi missilistici, infrastrutture per il lancio di droni e difese aeree con l’obiettivo di indebolire l’azione dei ribelli dello Yemen contro le navi commerciali israeliane, statunitensi e britanniche in transito per lo stretto di Bab el-Mandeb.
Fino ad oggi a colpire obiettivi nello Yemen, in particolare il porto di Hodeidah, sono stati gli aerei israeliani. “il vostro tempo è scaduto, i vostri attacchi devono finire a partire da oggi. Se non lo farete, si abbatterà su di voi un inferno come non avete mai visto prima”, ha minacciato Trump.
Contestualmente la Casa Bianca ha voluto mandare un messaggio chiaro al principale sponsor degli Houthi, l’Iran: Trump ha affermato che “Il vostro sostegno ai terroristi Houthi deve cessare immediatamente. (…): l’America vi riterrà pienamente responsabili e non saremo gentili al riguardo”.
Da Teheran è stato fatto notare che “La causa principale dell’instabilità regionale è la continua occupazione e le uccisioni di massa in Palestina, perpetuate con il sostegno di Stati Uniti, Regno Unito e occidente”, e il presidente Masoud Pezeshkian è intervenuto sottolineando che “nessuna forza, anche se il mondo intero la sostiene, può sconfiggere l’Iran. Viene ritenuto che l’Iran sia stato indebolito e che si possano fare pressioni, ma l’Iran non si sottometterà mai all’umiliazione”.
Il comandante delle Guardie rivoluzionarie iraniane (Pasdaran) Hossein Salami ha risposto che “l’idea degli Usa che l’Iran si piegherà alla volontà politica dei nemici tramite intimidazione è sbagliata”.
Il segretario di Stato Usa Marco Rubio aveva preavvisato dei raid la controparte russa, e il ministro degli Esteri Sergei Lavrov aveva invitato a cercare una soluzione politica e a non ricorrere alle armi.
Tra gli obiettivi degli Houthi vi sono state anche navi da guerra Usa: per quanto la notizia fosse girata poco, nel settembre scorso gli Houthi avevano annunciato di aver colpito con missili e droni tre navi statunitensi, e in novembre avrebbero centrato la portaerei Uss Lincoln e due cacciatorpediniere, ma dal Pentagono era arrivata una smentita.
La guerra nello Yemen ha preso il via nel gennaio 2015 a seguito del golpe degli Houthi (sciiti): per mesi i ribelli avevano chiesto invano alcuni riconoscimenti come l’inserimento di 20mila appartenenti alla minoranza sciita nelle forze armate governative, l’assegnazione di 10 ministeri e l’inclusione nella regione di Azal, di Hajja e dei governatorati di al-Jaw. L’intervento della coalizione a guida saudita e che ha visto coinvolti Egitto, Sudan, Giordania, Marocco, Bahrain, Qatar e Emirati Arabi Uniti, ha permesso la ripresa di una parte dei territori, in particolare del governatorato di Aden, ma la capitale e le zone dei principali impianti petroliferi resta saldamente in mano ai ribelli sciiti.