di Giuseppe Gagliano –
Il presidente francese Emmanuel Macron ha individuato in Michel Barnier il nuovo primo ministro, cosa che rappresenta una mossa strategica e delicata in un contesto politico altamente frammentato e instabile. Barnier, noto a livello internazionale come capo negoziatore per la Brexit, si troverà ora a fronteggiare una sfida interna ben più complessa: ricompattare un’Assemblea nazionale divisa in tre blocchi politici principali e trovare un equilibrio tra forze che difficilmente collaboreranno. Da un lato vi è il Rassemblement National di Marine Le Pen, una forza politica di estrema destra che ha guadagnato sempre più consensi e che gioca un ruolo chiave come ago della bilancia nel contesto parlamentare attuale. Dall’altro lato il Fronte delle sinistre, capeggiato da Jean-Luc Mélenchon, che ha già mostrato ostilità nei confronti di Barnier, promettendo di presentare una mozione di sfiducia appena possibile.
A complicare ulteriormente il quadro vi è una ex maggioranza presidenziale ormai indebolita, con Macron che si affida a Barnier per costruire coalizioni in grado di evitare l’ingovernabilità del Paese. In questo scenario, la figura di Barnier viene vista come quella di un mediatore esperto e capace di negoziare con diverse forze politiche, proprio come fece con successo durante i difficili negoziati per l’uscita del Regno Unito dall’Unione Europea. Tuttavia, se a livello europeo la sua nomina è stata accolta con sollievo, il panorama politico interno è decisamente più critico. Le accuse mosse dalla sinistra, che accusa Macron di aver ignorato il loro successo elettorale, hanno alimentato un clima di tensione che potrebbe sfociare in nuove proteste di piazza. In questo contesto, la capacità di Barnier di costruire una maggioranza solida e di governare il Paese verrà messa alla prova fin dai primi giorni del suo mandato, con la legge di bilancio come primo vero banco di prova. Nonostante la resistenza della sinistra, è significativo notare come il Rassemblement National, tradizionalmente critico verso i governi centristi, non abbia respinto la sua nomina, sollevando sospetti su possibili accordi sotterranei tra Macron e Le Pen.
Questa situazione apre un nuovo capitolo nella politica francese, dove il compito principale di Barnier sarà non solo quello di garantire una stabilità politica e finanziaria, ma anche di bilanciare le richieste di una destra sempre più forte e di una sinistra che si sente tradita. La sfida è particolarmente complessa anche dal punto di vista istituzionale, poiché la Francia si trova sotto procedura europea per deficit pubblico eccessivo, una questione che richiederà tutta l’abilità negoziale di Barnier per evitare ulteriori sanzioni e per rassicurare i mercati finanziari. A livello strategico, si ipotizza che Macron, con questa nomina, punti non solo a risolvere l’impasse politico attuale, ma anche a gettare le basi per una possibile riforma elettorale in senso proporzionale, una mossa che potrebbe rendere più gestibili le future dinamiche parlamentari. In questo quadro complesso e potenzialmente esplosivo, Barnier si presenta come una figura di transizione, capace di traghettare il Paese verso una stabilità precaria ma necessaria. Il suo compito sarà probabilmente quello di gestire la crisi fino a nuove elezioni, e il suo successo dipenderà dalla sua capacità di costruire ponti tra le diverse fazioni politiche e di evitare che la Francia scivoli in una paralisi politica ancora più profonda.