1945 – 1955: caleidoscopio Austria

di Enrico Malgarotto

All’interno del complesso scenario politico-militare che sta caratterizzando il teatro europeo in queste settimane come conseguenza del conflitto tra Russia e Ucraina, anche l’Austria sta giocando una partita importante. La visita a Mosca lo scorso aprile del cancelliere Karl Nehammer per un faccia a faccia con il presidente Vladimir Putin ha riacceso i riflettori internazionali su questo Paese dell’Europa centrale.
Ma quale legame unisce Russia e Austria? Nell’immediato dopoguerra la nazione alpina con capitale Vienna conobbe, a partire dal 1945, l’occupazione da parte delle truppe britanniche, francesi, statunitensi e sovietiche. Inoltre, dopo aver ottenuto l’indipendenza nel 1955, il Paese mantenne una politica di neutralità che in parte prosegue tutt’ora.
Il processo di annessione dell’Austria alla Germania nel 1938 denominato Anschluss segna l’inizio del coinvolgimento del Paese nella politica di Berlino. Nella Terza conferenza di Mosca del novembre 1943 e nella successiva dichiarazione omonima venne deciso di considerare l’Austria come Paese aggredito (non riconoscendo la precedente annessione al Reich) e quindi destinato a sviluppare una propria autonomia alla fine del conflitto senza imposizione di spese di guerra o perdita di porzioni di territorio, ad eccezione del Sud Tirolo che ritornò all’Italia.
La presenza di truppe sovietiche su suolo austriaco fu il risultato dell’Offensiva su Vienna lanciata dal Secondo e Terzo Fronte Ucraino (questa la denominazione delle Unità militari) dell’Armata rossa tra il marzo e l’aprile del 1945 dopo l’attraversamento del confine ungherese alla guida del Maresciallo dell’Unione Sovietica Fyodor Tolbukhin. Le truppe proseguirono nell’avanzata continuando a confrontarsi con i soldati tedeschi o collaborazionisti ancora presenti fino alla fine del mese di maggio, dopo la resa della Germania, occupando anche le città di Linz e Graz nel settore settentrionale e orientale del Paese.
Le truppe statunitensi e francesi giunsero in Austria rispettivamente il 26 e 29 aprile mentre quelle britanniche solo l’8 maggio, entrando a Vienna nell’estate del 1945. Il primo incontro tra le quattro potenze avvenne a settembre ma in linea generale vennero confermati i confini delle diverse aree di influenza all’interno del Paese, che furono così ripartite: l’area ad est a ridosso del confine con l’Ungheria e la Cecoslovacchia (regioni della Bassa Austria e Burgen-Land) sotto controllo sovietico, l’area a sud e ovest (Stiria, Carinzia e Tirolo) sotto controllo britannico, il settore più occidentale vicino al confine svizzero (Tirolo e Vorarlberg) sotto controllo francese e infine il settore settentrionale a ridosso del confine tedesco (Alta Austria e Salisburgo) in mano statunitense. La capitale Vienna, come Berlino, rientrava nell’area sovietica ma venne a sua volta divisa in quattro settori con al centro un’area internazionale gestita dall’Allied Control Council.
Mosca, come detto, considerava l’Austria allo stesso tempo come un membro dell’Asse ma anche come Paese vittima della Germania; quindi, non riversò su di essa la stessa repressione che invece molti Paesi dell’est Europa ebbero modo di conoscere. Gli stessi Comandi militari, attraverso direttive, cercarono di creare un’immagine positiva del soldato russo che combatteva in Austria vietando ogni forma di atti criminali.
L’apparato propagandistico di regime, dopo una prima fase che corrisponde al periodo bellico, di attività finalizzata a mettere in luce il coinvolgimento austriaco a fianco del Nazismo, seguì la linea imposta dall’alto e cominciò a dipingere il popolo del Paese alpino con caratteristiche positive. Infatti il Cremlino preferiva usare il pugno di ferro nei confronti di quegli Stati più vicini geograficamente alla Russia, come Polonia, Ungheria e Romania, rispetto ad un’Austria che all’epoca era divisa e lontana dai suoi confini. Inoltre, come anticipato, non venne previsto il versamento di spese di riparazione ma i costi dell’occupazione sovietica furono riversati sul prodotto interno lordo austriaco per un totale, secondo lo storico Walter Iber, di 36,8 miliardi di Scellini (2% del PIL accumulato) tra il 1946 e il 1955. Inoltre, nei primi mesi di occupazione, Mosca, attraverso l’NKVD, il suo servizio segreto, elaborò un piano di requisizione dei beni e degli stabilimenti industriali. Nello stesso periodo, la presenza della temuta polizia segreta portò all’arresto di numerosi austriaci sia per il loro coinvolgimento con il Reich durante la guerra sia per crimini di altra natura.
La genesi del governo austriaco risale di fatto all’inizio dell’offensiva russa sull’Austria nella primavera del 1945. Karl Renner, intellettuale e politico austriaco di ispirazione social-democratica che già aveva preso parte, come Ministro, alla Prima Repubblica tra il 1919 e il 1920 dopo la caduta dell’Impero austro-ungarico, venne identificato dal Maresciallo Tolbukhin come la persona più adatta per costituire un governo provvisorio sotto l’influenza sovietica. Dopo aver accettato, lo statista austriaco, il successivo 27 aprile, attraverso la Proclamazione di Indipendenza dell’Austria dichiarò nullo il precedente Anschluss staccando l’Austria dalla politica di Berlino prendendo come riferimento la precedente Costituzione del 1920.
Nel novembre del 1945 si svolsero le prime elezioni nel Paese, in cui si registrò la vittoria dei Cristiano-Democratici (ÖVP) e dei Social-Democratici (SPÖ). il Partito Comunista (KPÖ) perse le elezioni ma venne comunque ammesso (fino al 1947) nella grande coalizione dei tre partiti, a cui si aggiunse anche il Partito Democratico – DPÖ. Leopold Figl venne designato come cancelliere mettendo d’accordo gli Alleati, mentre Karl Renner divenne presidente della Repubblica austriaca.
A partire dall’estate del 1948 anche l’Austria fu interessata all’European Reconstruction Plan (ERP), meglio conosciuto come Piano Marshall, sebbene, già dal 1945, diverse organizzazioni, soprattutto statunitensi e delle Nazioni Unite, si prodigarono a inviare aiuti al Paese alpino. Dal punto di vista economico si era formata una divisione in aree sotto giurisdizioni diverse e separate tra di loro, soprattutto tra il blocco occidentale e quello orientale. Nel Paese vi era inoltre poca disponibilità di ricevere materie prime, in primis il carbone, dai Paesi vicini (come Polonia e Germania). Ciò costrinse i Governatori delle diverse aree di occupazione a sopravvivere con l’aiuto delle potenze occupanti e la popolazione a dare vita ad un mercato nero per rimediare alla grave mancanza di cibo. Anche lo smantellamento degli impianti industriali da parte dei sovietici contribuì alla crisi. L’ERP, perciò, permise la rinascita della fragile economia austriaca, non senza però attuare misure politiche ed economiche considerate scomode. Il Piano Marshall per l’Austria inoltre assunse carattere inedito perché interessò anche il settore sotto controllo sovietico, seppur in percentuale minore rispetto alle aree occidentali. L’occupazione alleata terminò nel 1955 con il ritiro delle truppe e l’indipendenza del Paese suggellata dalla firma da parte delle quattro potenze dell’Austrian Independence Treaty e dalla celebre frase gridata dal Ministro degli Esteri ed ex cancelliere Figl: “Österreich ist frei!” (L’Austria è libera!). Da questo momento il Paese avrebbe posto in essere, in relazione al confronto tra il blocco occidentale e quello orientale, una politica di neutralità (che ha portato il Paese a non aderire alla NATO ma comunque a collaborare con l’Alleanza Atlantica) che in parte continua tutt’ora sebbene Vienna abbia mantenuto in tutti questi decenni una precisa linea politica e culturale rivolta verso l’occidente e l’Europa.