2020-2030: le sfide per il nuovo decennio

di Marco Corno –

Il nuovo decennio è appena iniziato ma tante sono le sfide che la comunità internazionale dovrà affrontare in un’epoca di forte transizione geopolitica.
Dall’Europa al Medio Oriente fino al Pacifico, le sfide non saranno solo esterne ma anche interne ai paesi e coinvolgeranno in primis la stabilità e l’integrità degli stati stessi.
Partendo dal continente europeo la vera sfida è il futuro della stessa Unione Europea, che sembrerebbe essere più incerta che mai. Bruxelles sarà chiamata a dare una risposta netta e chiara ai propri cittadini su una vasta gamma di questioni e sfide: dall’immigrazione all’integrazione europea.
Partendo dall’immigrazione, l’Ue dovrà lanciare un grande progetto di gestione del sistema migratorio che ormai ha unito due are geo-culturali (Europa e Africa) profondamente diverse, tant’è che bisognerebbe parlare di spazio euro-africano più che di Europa nel senso classico del termine. Bruxelles non può non sviluppare una politica estera comune condivisa da tutti i 27 stati che abbia come suo “centro” il continente africano che sarà sempre più collegato alla stabilità e al benessere europeo. Il secondo, strettamente in linea con il primo, riguarda l’integrazione europea. L’uscita ufficiale del Regno Unito dall’Ue, lo scorso 31 gennaio, apre finalmente l’opportunità di accelerare il processo di integrazione, il vero vulnus che ha indebolito la Comunità Europea negli ultimi 10 anni, mettendo al centro non solo la politica estera comune ma anche un progetto di difesa europea con un apposito ministero competente.
Altra sfida del prossimo decennio sarà la Russia post-Putin. In Russia, l’opinione pubblica si chiede chi sarà il successore dell’attuale Presidente della Repubblica Federale Russa, domanda a cui nessuno è in grado di rispondere. Molto probabilmente il 2024 (dato che proprio in quell’anno dovrebbe finire il mandato presidenziale dello “zar”) sarà un anno cruciale che potrebbe aprire una nuova era della storia di Mosca. Centrale sarà non solo come le élite russe si muoveranno nell’era post-Putin ma soprattutto le capacità dell’erede di Putin di gestire gli equilibri interni del paese e la sfera di influenza estera che l’attuale presidente ha creato in questi anni. Ancora più cruciale sarà il posizionamento geopolitico della Russia dopo Putin. La vera sfida sarà capire se Mosca ribadirà la propria posizione eurasiatica oppure se si assisterà ad un avvicinamento a Bruxelles e alle “potenze europee” come Italia, Germania e Francia, chiaramente molto dipenderà anche dal modus operandi dell’Europa.
Altra area destinata molto probabilmente a diventare sempre più cruciale nei prossimi anni sono i Balcani, in particolare la Serbia.
La Serbia, come nel XIX secolo, è stata ed è un “paese satellite” di Mosca che difficilmente il Cremlino è disposto a cedere alla N.A.T.O senza “grandi ricompense” (ad esempio il riconoscimento ufficiale della sovranità russa sulla Crimea) o garanzie in cambio. Le pressioni esterne dell’Alleanza Atlantica e della Russia rischieranno di scatenare una nuova guerra nei Balcani, qualora la N.A.T.O decida di “costringere con la forza” Belgrado ad entrare senza il consenso di Mosca, che non solo farebbe implodere lo stato serbo ma potrebbe avere un “effetto a catena” in Kosovo, Albania, Macedonia e in altri stati della regione.
Per quanta riguarda il sud del Mondo, non si può non parlare dei Medio Oriente. Con l’inizio del precedente decennio, la diffusione delle Primavere Arabe ha fatto scoppiare nuovi conflitti nel Siraq, mutando de facto il balance of power della regione, tant’è che si sta creando un nuovo ordine definito post Sykes-Picot.
La Turchia è la vera potenza in ascesa nella regione. Dal 2011 Erdogan è riuscito progressivamente a diventare un protagonista non solo nel cliché siriano ma anche in quello iracheno, europeo (con la questione migratoria) e ultimamente libico. L’appartenenza di Ankara alla N.A.T.O le ha permesso di giocare sia sul tavolo americano sia sul tavolo russo, a seconda della convenienza. I rapporti tra Ankara e Washington, dal fallito golpe del 2016, si sono deteriorati sempre di più specie per il continuo rifiuto di Washington di consegnare Fethullah Gulen a Erdogan. Inoltre il recente intervento turco in Libia, preceduto da un accordo con Tripoli sulle acque territoriali turco-libiche, ha scatenato una crisi diplomatica con la Grecia la quale accusa la Turchia di averla isolata dal Mediterraneo, sottraendole illegittimamente una parte delle proprie acque territoriali. La crisi greco-turca potrebbe avere delle ripercussioni sull’impasse di Cipro, dalla fine della guerra turco-cipriota (1974). Nei prossimi 10 anni le querelle tra questi due paesi N.A.T.O per la sovranità su Cipro, il vero obbiettivo dell’assertività turca nel Mediterraneo, potrebbero creare una crisi politica importante anche all’interno della stessa Alleanza Atlantica.
Se gli scenari fin qui visti rappresentano “la periferia del mondo”, lo spazio indo-pacifico sarà destinato a diventare sempre di più il centro del mondo nei prossimi anni non solo per la “guerra commerciale” tra Cina e USA ma anche per la presenza di altri stati spesso poco considerati nelle equazioni globali come Giappone e India.
L’India potrebbe diventare un protagonista di primo livello nel prossimo decennio soprattutto nelle relazioni con la Cina. L’avvicinamento e l’allontanamento di queste due “giganti asiatici” sarà fondamentale per gli equilibri mondiali specie nei loro rispettivo rapporti con Washington. L’India ha “mal digerito” i negoziati tra gli USA e i talebani, perché teme un possibile aumento delle tensioni in Kashmir e con il Pakistan se dovessero aumentare gli attacchi terroristico, così come le politiche protezionistiche adottate dall’amministrazione Trump contro l’export indiano. Centrale sarà anche la stabilità interna dell’India sottoposta ad una imponente crescita demografica che mette sotto pressione la disponibilità di risorse.
Per la terra del Sol levante invece la vera sfida sarà decidere se “staccarsi” dall’ombrello nucleare americano o meno, modificando la Costituzione per avviare un proprio programma di riarmo che gli permetterà di ricoprire un ruolo di potenza regionale, senza l’aiuto di Washington.
In questo scenario di grande transizione il mondo, nell’epoca della globalizzazione, cambia molto velocemente e, benché si parli molto di nuove guerre, la “vecchia” logica di potenza degli stati diventerà sempre più centrale e la guerra diventerà sempre di più lo strumento risolutore delle controversie internazionali. In questo scenario di grandi cambiamenti non è detto che il ritorno di un sistema vestfaliano tout court sia preceduto da una nuova guerra mondiale.