8 settembre 1943: non dimenticare gli italiani che scelsero la libertà e la democrazia

di Maurizio Delli Santi *

«Signor Colonnello, accade una cosa incredibile: i tedeschi si sono alleati con gli americani!», è la frase del tenente Innocenzi, interpretato da Alberto Sordi, con la quale nel film Tutti a casa di Comencini si raffigurava il caos di una stagione che iniziava con l’armistizio dell’8 settembre 1943. Si è speculato anche sulla diversa formula dei testi che sembravano non concordati: Eisenhower parlava di una resa incondizionata, Badoglio di una richiesta di armistizio accolta. In ogni caso dell’armistizio di Cassibile sottoscritto il 3 settembre tra militari, i generali Giuseppe Castellano e Walter Bedell Smith, era centrale la condizione che l’Italia sarebbe diventata cobelligerante al fianco dei nuovi alleati delle “Nazioni Unite”. Le clausole più specifiche sarebbero state poi stabilite nel c.d. “armistizio lungo”, con 44 articoli, firmato il 29 settembre dal generale Eisenhower e da Badoglio, a bordo della corazzata britannica Nelson nelle acque antistanti Malta. Qualche incomprensione e molte titubanze da parte italiana in effetti ci furono in quei momenti non facili. Un episodio è ricordato anche da Enzo Biagi in articolo apparso sul Corriere con il titolo “La cerimonia dei rinvii e le crêpes suzette per il generale Taylor”. A margine dell’armistizio di Cassibile era stata prevista l’Operazione Giant 2: in concomitanza con l’annuncio dell’armistizio sarebbe stato effettuato il lancio della 82ma Divisione paracadutisti statunitense su alcuni aeroporti di Roma, che avrebbero dovuto essere occupati dalle truppe italiane della capitale, tra cui c’erano un Corpo d’armata motocorazzato e le divisioni Granatieri di Sardegna e Sassari. Il giorno prima, alle otto di sera del 7 settembre, il generale Maxwell Taylor e il colonnello Wiliam Gardiner giunsero clandestinamente a Roma per assicurarsi che tutto fosse pronto per l’aviosbarco. Giunti a Palazzo Caprara, furono accompagnati davanti auna tavola imbandita con tanto di consommé, costolette di vitello e crêpes suzettes, ordinati al Grand Hotel. Il generale Taylor chiese allora del generale Ambrosio, ma il capo di Stato maggiore era in permesso familiare a Torino, e solo dopo aver insistito riuscì a parlare con il generale Carboni, comandante del corpo d’armata della capitale. Questi riferì che gli aeroporti erano controllati dai tedeschi, che la grande unità motocorazzata italiana non aveva il carburante necessario, e che la divisione tedesca dislocata nei pressi di Roma aveva ricevuto massicci rinforzi, circostanze poi non confermate interamente dalla storiografia ufficiale. Taylor pretese allora un colloquio con Badoglio in persona, il quale a mezzanotte comparve in vestaglia. Alla vigilia dell’operazione che avrebbe potuto mutare il corso della storia il Maresciallo d’Italia, che era andato a dormire, scongiurò di rinviare l’aviosbarco e l’annuncio dell’armistizio. Taylor aprì la valigetta con la radio e trasmise il messaggio in codice «Situation innocuous», che prevedeva l’annullamento dell’operazione. Il generale Eisenhower, Comandante in capo delle forze alleate, sospese l’aviosbarco su Roma (optò per lo sbarco a Salerno), ma da Radio Algeri annunciò l’armistizio mercoledì 8 settembre, alle 18.30 italiane. Badoglio fece il suo annuncio da Roma alle 19.42 ai microfoni dell’Eiar. All’alba del 9 settembre il re, il governo con Badoglio e lo stato maggiore abbandonavano la capitale, dove intanto le forze italiane iniziavano a combattere i tedeschi per la “difesa di Roma”, a cominciare con i combattimenti della Magliana e di Porta San Paolo dove si distinsero Granatieri e Carabinieri. Il resto per l’Italia è noto: in molti si affidarono al richiamo del “tutti a casa”, altri scelsero, per opportunità, ignoranza, inconsapevole percezione della portata degli eventi, e taluni anche per convinzione ideologica, di schierarsi dalla parte sbagliata, ma molti altri divennero invece protagonisti della Storia, perché insieme ai civili seppero scegliere la parte giusta, quella della Resistenza, in nome delle idee di libertà e democrazia. È quindi assolutamente ingiusto il giudizio degli storici che hanno parlato di “tradimento”, “morte della Patria” e di “Italia allo sbando”. In quello stesso periodo ci fu chi compì scelte coraggiose e di vero eroismo, che dunque consentono di valutare l’8 settembre, pur con i suoi limiti, come l’inizio di cambiamenti radicali che portarono alla rinascita della Nazione. È da quel momento che si avviò il processo che portò alla rinascita dell’ Italia, che anche grazie agli Alleati, è il caso di ricordarlo, non fu condannata al destino di un paese sconfitto, ma fu aiutata a ritrovare piena dignità tra le Nazioni civili. Grazie all’impulso del presidente Ciampi gli storici hanno ricollocato le vicende dell’armistizio nel percorso che portò al riscatto della Resistenza, all’affermazione della Repubblica e della Costituzione. La memoria dell’8 settembre dunque assume un valore simbolico per i sacrifici di tanti Italiani come il Generale Ferrante Gonzaga: la sera stessa dell’8 settembre a Eboli fu freddato dai tedeschi per essersi opposto alla consegna delle armi della sua 222ma Divisione costiera. E più avanti si doveva compiere il martirio di Cefalonia dell’intera Divisione Acqui che pure si ribellò ai tedeschi. Ma sono innumerevoli gli esempi di chi lottò per liberare l’Italia da un invasore che non si risparmiò nei più odiosi crimini di guerra, come le stragi delle Fosse Ardeatine, dove furono trucidati 335 militari italiani, ebrei, civili e prigionieri politici, e quelle di Marzabotto e di Sant’Anna di Stazzema. Ed è in questo senso che le ultime ricostruzioni degli storici più attenti hanno saputo riconoscere anche l’alto valore del sacrificio degli Internati Militari Italiani (IMI), che in circa 900mila furono costretti ai lavori forzati per l’industria bellica tedesca e ad altre sofferenze, alcuni fino al costo della vita, per essersi rifiutati di aderire alla Repubblica di Salò.
L’8 settembre segna dunque lo spartiacque che consentì ad un gruppo di Italiani responsabili, che partendo pure da diverse convinzioni e militanze (civili e militari, comunisti, cattolici, socialisti, azionisti e liberali) trovarono le motivazioni per impegnarsi nella lotta, anche al costo della vita. La memoria dell’8 settembre può assumere un valore morale per chi nel presente intende affermare come autentici e insopprimibili i valori della libertà e della democrazia: è anche nello storicismo di Benedetto Croce riconoscere le vicende europee con le lenti della «Storia della Libertà». È il caso di ricordarlo in questi giorni, in cui in Europa e nel mondo si profilano preoccupanti arretramenti verso democrazie illiberali e si stravolgono le regole dell’ordine internazionale, come accade con la guerra in Ucraina. È necessario perciò non dare spazio a chi ancora vuole evocare un’altra Italia di cui ci si è liberati da quell’8 settembre: schierata con tra le dittature più crudeli prima, e poi deresponsabilizzata, ambigua, inaffidabile con gli alleati, mentre nella Storia va ricordata per aver saputo lottare per la libertà e la dignità del suo popolo.