Afghanistan. Il dramma dei “bambini danzanti”

di C. Alessandro Mauceri

Sono passati molti anni da quando l’allora presidente degli Usa Bush dichiarò solennemente che la guerra in Afganistan era finita e che gli americani e i loro alleati avevano vinto. Poi fu la volta di Obama che dichiarò che “Non mi piacciono le guerra senza fine, ma non posso consentire che l’Afghanistan torni a essere un rifugio sicuro per i terroristi che minacciano anche la nostra sicurezza: la missione di combattimento è finita ma alcune migliaia di soldati americani dovranno restare nel Paese anche oltre il 2016 perché l’esercito afghano ha fatto passi avanti, ma non è ancora in grado di farcela da solo”. E il numero di soldati americani inviati in Afganistan non diminuì.
Oggi nel paese la situazione sotto molti aspetti non è migliorata. La produzione di hashish è aumentata e il commercio delle sostanze derivate prosegue florido in buona parte del pianeta. E anche dal punto di vista sociale non sembra essere cambiato nulla.
Come dimostrano fenomeni come quello della pedofilia: in Afganistan le relazioni omosessuali sono punite severamente, al contrario sono passati molti anni da quando le autorità avevano promesso che avrebbero reso illegale la pedofilia che ancora oggi è praticata e tollerata.
Ragazzini in età pre-puberale, cioè tra gli otto e i quattordici anni, sono venduti a uomini ricchi e potenti per “intrattenerli” e “compiacerli sessualmente”: spesso questi bambini vengono adescati per strada e negli orfanotrofi. E rapiti. Poi sono costretti ad indossare abiti femminili, a ballare e cantare nelle feste per intrattenere uomini molto più grandi di loro e finiscono per essere abusati sessualmente e molto spesso uccisi. Un fenomeno noto con il nome di Bacha-bazi (“bambini per gioco”) che negli ultimi anni si è diffuso in tutto il paese anche grazie all’indifferenza (ma il termine più corretto, forse, sarebbe “connivenza”) di molti.
Questa forma di tortura nei confronti di bambini e minori è nota da anni al mondo occidentale. Nel 2015 il portavoce dell’Unicef in Italia, Andrea Iacomini, denunciava che “I ‘proprietari’, chiamiamoli così, dei Bacha-bazi approfittano della condizione di povertà in cui vivono questi bambini e le loro famiglie, sapendo che i genitori non posso rifiutarsi o denunciarli, perché sono troppo potenti e influenti e nessuno avrebbe il coraggio di opporsi”. Ma già nel 2010 un documentario, “The dancing boy of Afghanistan” del giornalista Najibullah Quraishi denunciava questa forma di abuso sui minori indicando chiare responsabilità da parte dei comandanti militari e dell’élite del paese: avere un proprio “harem” di Bacha-bazi era come uno status sociale, un simbolo di potere e influenza. “Le donne sono per crescere i figli, i ragazzi sono per il piacere”, recita un detto comune in molte parti dell’Afghanistan.
Eppure nessuno ha fatto niente per fermare tutto ciò. Tutti hanno fatto finta di non vedere e di non sapere. Anzi peggio: un’inchiesta del New York Times del 20 settembre 2015 parlava di militari americani che avevano imposto alle truppe di non intervenire ne’ denunciare gli abusi sessuali, neanche quando gli alleati afghani abusavano dei ragazzini nelle stesse basi militari. Una indifferenza che ha permesso che questa pratica continuasse a non essere punibile neanche legalmente. Le autorità locali spesso chiudono un occhio.
Questa orribile pratica di sottomissione e di pedofilia è resa possibile anche dal fatto che nessuno di questi bambini denuncia i suoi aggressori: a che scopo denunciare un reato non punibile dalla legge? Per non parlare del fatto che, qualora lo facessero, i Bacha-bazi finirebbero per essere accusati di omosessualità che, al contrario, in Afghanistan è considerato un reato. Punibile anche con la pena di morte.
Anzi i Bacha-bazi sono diventati un’arma nella guerra senza fine che sta distruggendo il paese: l’agenzia France Presse ha rivelato che i talebani, sfruttando questa pratica diffusa anche tra i ranghi della polizia, addestrano ragazzi per compiere stragi tra comandanti delle forze di sicurezza.
L’indifferenza ha fatto sì che questa forma di brutalità si diffondesse a macchia d’olio in tutto il paese: a dicembre del 2016, la Commissione indipendente per i diritti umani dell’Afghanistan (Aihrc) ha rilevato un aumento significativo dei casi di Bacha-bazi.
Solo recentemente, Hayatullah Amiri, a capo della Aihrc, ha sollecitato il Parlamento afgano affinchè prendesse provvedimenti. Per la prima volta, le autorità hanno presentato una proposta di legge che introduce severe sanzioni contro il “Bacha Bazi”. Le pene prevedono dai sette anni di carcere per violenza sessuale fino alla condanna a morte per i “casi gravi”, come gli abusi su di più di un ragazzo. “C’è un intero capitolo sulla criminalizzazione della pratica (Bacha Bazi, ndr) nel nuovo codice penale”, ha detto Nader Nadery, un consulente del presidente Ashraf Ghani, per il quale “il codice dovrebbe essere adottato a breve. Questo sarà un passo significativo verso la fine di questa brutta pratica”.
A nessuno fino ad oggi è importato granchè delle conseguenze sulla vita di questi adolescenti: “Le vittime soffrono gravi traumi psicologici “, ha confermato un rapporto della Commissione per i diritti umani in Afghanistan. “Nella mente dei ragazzi – prosegue la relazione – si instaura un sorta di disperazione e un sentimento di ostilità e vendetta, con il rischio che, una volta adulti, diventino a loro volta carnefici ripetendo il ciclo degli abusi”.
“Essere un “bambino danzante” – ha detto Andrea Iacomini – vuol dire subire un forte danno psicologico, dovuto al cambio di personalità, essere picchiato e vittima di ripetute violenze carnali da parte del proprio padrone o dei suoi amici”.
Stupri, omicidi, violenze di gruppo su minori che ai paladini della democrazia che da anni agiscono in Afganistan sembrano importare poco