Afghanistan. L’appello del professor Shafaee, ‘salvate gli hazara’

Agenzia Dire

Per la comunità hazara non c’è posto sicuro in Afghanistan, né in moschea, né al mercato, né a scuola: a denunciarlo in un’intervista con l’agenzia Dire è il professore Abdulla Shafaee, ora ricercatore all’Università di Torino, dove è riuscito ad arrivare dopo la presa del potere dei talebani a Kabul nel 2021.
Il colloquio comincia dal ricordo degli attentati che ad aprile hanno preso di mira alcune scuole della capitale in aree perlopiù hazara, una minoranza di fede sciita, da secoli presente sia in Afghanistan che nei vicini Iran e Pakistan. Le azioni, attribuite al gruppo Stato islamico del Khorasan, una formazione di matrice sunnita come i talebani, hanno provocato almeno sei morti e 17 feriti. Gli episodi sono parte di una serie, come indicano violenze a danni di hazara segnalate sia a Kabul che nella città di Mazar-i-Sharif e nella provincia di Kunduz.
Esperto di diritto di famiglia, già esponente di spicco della Commissione per la supervisione sull’attuazione della Costituzione dell’Afghanistan, Shafaee è riuscito a lasciare il suo Paese insieme con la famiglia il 28 gennaio scorso. “Non solo per noi intellettuali ma per tutti gli hazara in Afghanistan non c’era ormai alcun posto sicuro” denuncia il professore. “Siamo sotto minaccia nelle scuole, colpite perché vogliono uccidere il nostro futuro, ma anche nei mercati, nelle università o nelle moschee”.
In Italia Shafaee è arrivato grazie a “Scholars at risk”, una rete internazionale di ormai 550 atenei, nata nel 1999 negli Stati Uniti con l’obiettivo di promuovere la libertà accademica e proteggere gli studiosi in pericolo di vita o comunque minacciati.
Secondo il docente, “violenze e abusi nei confronti di hazara si verificano quasi ogni giorno, soprattutto fuori Kabul e nelle aree rurali, ma se ne parla poco a causa della censura applicata dal governo dei talebani”.
Shafaee denuncia poi un’ultima ingiustizia, della quale si è avuta notizia in questi giorni. “I talebani hanno chiuso un corso universitario per l’insegnamento della fede sciita, a Bamiyan, una regione a maggioranza hazara, dove già nel 2001 avevano fatto distruggere le statue dei Buddha giganti patrimonio mondiale dell’umanità”.