Afghanistan. Le persecuzioni dell’ISIL nei confronti delle comunità sikh e indù

di Aberto Galvi

L’attacco del 25 marzo scorso che è avvenuto a Gurdwara Har Rai nello Shor Bazaar di Kabul, da parte dell’ISIL (Islamic State of Iraq and the Levant), che ha causato 25 morti, getta di nuovo i riflettori sulle minoranze religiose indù e sikh afghane.
Questo attacco è stato uno dei più mortali contro la comunità sikh nel paese in conflitto da decenni. Per questa ragione i cittadini sikh hanno affermato di essere stanchi di vivere in Afghanistan.
Il presidente afghano Ashraf Ghani ha condannato l’attacco ai siti religiosi, in quanto mostra l’estrema debolezza del nemico.
In Afghanistan i sikh e gli indù risiedono generalmente in ambienti appartati per proteggersi e preservare la loro identità culturale e religiosa.
Gli indù si radunano nei templi il venerdì, quando i mercati rimangono generalmente chiusi, per cucinare cibo vegetariano, mangiare e pregare insieme.
Negli anni 80 queste comunità hanno raggiunto il picco dei 200 mila membri. Negli anni 90, i membri delle comunità si erano ridotte a circa 60 mila, fino ad arrivare ad oggi a poche centinaia di persone a causa della guerra interna al paese.
In seguito alla caduta del governo comunista afgano appoggiato dai sovietici nel 1992, scoppiò la guerra civile, che spinse molti sikh e indù ad andare fuori dal paese a causa delle discriminazioni da loro subite.
Ai diversi migranti appartenenti alle minoranze indù, cristiani, giainisti, buddisti e sikh provenienti dal Bangladesh, dal Pakistan e dall’Afghanistan, sarà permesso di rivendicare la cittadinanza indiana, in base alla nuova legge del paese recentemente approvata dal parlamento.
L’immigrazione di queste comunità è iniziata con il ritiro sovietico nel 1989 a causa della conseguente guerra civile.
Dopo l’arrivo in Afghanistan delle forze NATO (North Atlantic Treaty Organization), in risposta agli attacchi dei terroristi di al-Qaida alle Twin Towers a New York dell’11 settembre del 2001, alcune famiglie sikh e indù tornarono nel paese asiatico per riprendere i loro affari.
Queste minoranze religiose, hanno sofferto di persecuzioni durante i decenni di guerra nel paese. Molte di loro hanno lasciato l’Afghanistan a causa della guerra e dal crescente aumento della criminalità.
Anche importanti leader sikh e indù sono stati uccisi in un attentato suicida dell’ISIL nel 2018 nella città orientale afghana di Jalalabad, in cui sono morte 19 persone e ne sono state ferite 20.
In seguito all’attacco da parte di estremisti dell’ISIL, le comunità sikh e indù rimaste in Afghanistan stanno cercando ora asilo negli Stati Uniti, mettendo alla prova l’impegno dell’amministrazione Trump nella tutela delle minoranze etniche religiose.
Gli Stati Uniti hanno firmato a febbraio un accordo di pace con i talebani, in cui hanno fissato un calendario per il ritiro di tutte le forze armate statunitensi dall’Afghanistan.
In futuro nel paese l’assenza di forze militari statunitensi, dovrebbe fare aumentare la pressione sulle forze di sicurezza afghane, anche se la maggior parte dei membri comunità sikh e indù è partita per Canada, America, Europa, Regno Unito e India.