Afghanistan. Rientrano i militari italiani sconfitti. E con loro centinaia di famiglie afgane

Si tratta degli interpreti e dei fornitori di vari servizi.

di Enrico Oliari

Dopo 20 anni di guerra le truppe alleate, comprese quelle italiane, si stanno ritirando dall’Afganistan. E’ il dramma di una clamorosa sconfitta e di una popolazione lasciata a se stessa: quando nel 2001 gli Usa ed alleati hanno avviato la guerra dell’Afghanistan, i talebani controllavano il 30 percento del territorio. Oggi, dopo 20 anni e soprattutto dopo le controverse e comunque fallite trattative di Doha, i talebani controllano il 70 percento del paese.
Si intende, a modo loro gli Usa hanno comunque vinto, dal momento che la guerra fa muovere migliaia di miliardi in un paese dove per star bene qualcuno bisogna pur depredare, come direbbe il Pietro Chiocca di Sordi. E poco conta se di mezzo ci sono 2.300 militari statunitensi e 100mila civili afgani morti.
Con gli Usa si ritira dal pantano afgano anche l’Italia, ed oggi ad Herat è arrivato il ministro della Difesa Lorenzo Guerini per la cerimonia dell’ammaina-bandiera alla base di Camp Arena. Vessillo che sarà simbolicamente dato alle forze di sicurezza locali.
Già in maggio erano state avviate le operazioni di rimpatrio dei mezzi e degli 800 militari italiani con l’obiettivo di riportarli a casa entro la prima metà di luglio, in anticipo quindi sull’11 settembre, ventennale delle Torri Gemelle e data simbolica scelta dal presidente Usa Joe Biden.
Intanto però è fuggi fuggi di coloro che hanno collaborato con i vari contingenti internazionali, poiché è scontata la vendetta dei talebani. I vari paesi stanno lavorando per dare asilo politico ad interpreti e fornitori di altri servizi, ed il ministro Guerini ha spiegato che “Non abbandoniamo il personale civile afghano che ha collaborato con il nostro contingente ad Herat e le loro famiglie: 270 sono già stati identificati e su altri 400 si stanno svolgendo accertamenti. Verranno trasferiti in Italia a partire da metà giugno”.