Africa. 2023: anno di elezioni e del “debito insostenibile”

di Francesco Giappichini

Secondo i media del gruppo Bloomberg, in Africa il 2023 sarà ricordato come l’anno del «debito insostenibile»: e questo scenario (i prestiti «à long terme» più che raddoppiati) sarà aggravato dall’inflazione, dall’aumento dei prezzi delle materie prime, e dagli strascichi del Covid. Nel Continente si celebreranno però anche sette elezioni presidenziali, che saranno decisive per la stabilità politica, ed anche finanziaria di questi Paesi. Seguendo l’ordine cronologico, gli elettori dovranno esprimersi in Nigeria il 25 febbraio, in Sierra Leone il 24 giugno, in Zimbabwe in luglio, in Gabon in agosto ma la data non è confermata, in Liberia in ottobre, in Madagascar in novembre, e in Repubblica democratica del Congo il 20 dicembre. Invero erano state programmate per febbraio anche le presidenziali del Sudan del Sud, che però sono state annullate, dopo che il Governo di unità nazionale ha annunciato che sarebbe rimasto in carica sino a febbraio ’25. Si voterà così alla fine del 2024, quando l’attuale presidente Salva Kiir Mayardit cercherà la riconferma. Superfluo ricordare che anche la Libia vive una fase di caos istituzionale, e le presidenziali del dicembre ’21 furono rinviate a tempo indefinito, per i noti problemi organizzativi. A inaugurare questa serie di appuntamenti elettorali sarà la Nigeria: l’attuale capo dello stato Muhammadu Buhari, mussulmano e del Nord, non può ricandidarsi. E’ dunque probabile la sfida tra il candidato governativo e centrista, Bola Tinubu, e il liberale Atiku Abubakar, leader di fatto dell’opposizione. Secondo alcuni osservatori, temibili incognite possono però derivare dalla sostanziale non applicazione di un tacito accordo politico, che ha sinora stemperato i dissidi etnici e religiosi: il patto prevede che la Presidenza sia ricoperta alternativamente da un candidato del Nord, a maggioranza musulmana, e da un candidato del Sud, a prevalenza cristiana. Ebbene, a questa tornata, Tinubu è sì del Sud, ma è islamico, mentre Abubakar è addirittura un musulmano del Nord. In Sierra Leone si prospetta una sfida tra il favorito presidente centrista Julius Maada Bio, e il progressista Samura Kamara, che fu sconfitto alle presidenziali del 2018. Tuttavia la frammentata opposizione potrebbe convergere su una diversa personalità, come Femi Claudius Cole, che coordina la piattaforma progressista. Nello Zimbabwe si dovrebbe invece ripresentare lo stesso testa a testa del 2018: il socialdemocratico Nelson Chamisa sfiderà di nuovo il presidente uscente Emmerson Mnangagwa del partito-stato (storicamente marxista) Zimbabwe african national union – Patriotic front (Zanu-Pf). In Gabon le opposizioni cercheranno di porre fine al potere del presidente nazionalista Ali Bongo Ondimba. E con ogni probabilità si punterà sull’economista ed ex ministro Alexandre Barro Chambrier, francese di nascita. In Liberia si annuncia invece lo scontro tra l’ex campione milanista George Weah e il politico e filantropo Alexander Benedict Cummings Junior. Da segnalare che l’ex calciatore si ripresenterà in tandem con Jewel Taylor – l’ex moglie del criminale di guerra Charles Taylor – che concorrerà per la vicepresidenza. Ancora molti mesi ci separano invece dalle presidenziali in Madagascar e Repubblica democratica del Congo, che saranno in seguito approfondite. Già adesso si può tuttavia prevedere che in entrambe le Nazioni si riporranno le stesse sfide del 2018, e che i presidenti uscenti, Andry Rajoelina e Félix Tshisekedi, saranno i favoriti.