Al vertice Ue non piace la Brexit di May. Sui migranti Conte vuole più soldi per l’Africa

di Elisabetta Corsi –

Appare sempre più di difficile soluzione la questione dei confini irlandesi in vista della Brexit ed ancora la soluzione sembra lontana dall’essere trovata. Il fatto è che con l’uscita della Gran Bretagna dall’Ue quel confine verrebbe chiuso per non rappresentare una valvola attraverso la quale passerebbero persone (già oggi 30mila al giorno) e merci senza controlli e quindi senza dazi, ma la sua apertura nel quadro europeo ha consentito in questi anni agli abitanti dell’isola, cioè della Repubblica d’Irlanda e dell’Ulster britannico libertà di movimento e quindi la percezione di essere un unico popolo. Realtà questa che negli anni si è consolidata al punto che l’Ira ha rinunciato alla sua lotta e da tempo non vi sono attentati.
La premier Theresa May, la cui poltrona sta traballando a causa dei malumori interni ai Tories, si è data ai bizantinismi presentando piani di difficile applicazione, ed al meeting di Salisburgo dei leader dei paesi Ue il tema del confine nord irlandese è stato centrale, con il presidente del Consiglio europeo Donald Tusk che ha ribadito la sua contrarietà al piano presentato dalla May, per cui vi è la necessità di una riformulazione per evitare che vengano lesi i principi costituzionali ed economici su cui è fondata l’Unione. “Speriamo che da qui a ottobre si trovi una soluzione, questa è la condizione per andare avanti a novembre” quando si terrà un nuovo vertice incentrato sulla Brexit, ha esclamato Tusk, il quale ha tuttavia bocciato l’intero impianto del piano “Chequers” dal nome della residenza di campagna del primo ministro britannico dove in lugli è stato individuato l’accordo di governo. “Non siamo d’accordo su tutto, ne’ possiamo fare concessioni su tutto: ci sono le quattro libertà fondamentali e il mercato unico, ecco perché’ non possiamo accettare l’accordo“ presentato da Londra.
Pur rimanendo sulle sue posizioni May si è appellata agli altri leader chiedendo di non rallentare e ritardare il processo perché non è ammissibile che la Gran Bretagna non esca a marzo dall’Ue. “C’e’ ancora da fare un lavoro molto duro”, ha concluso la premier.
Il primo ministro ceco Babis ha addirittura rilanciato l’idea di un secondo referendum sulla Brexit, quindi una seconda possibilità offerta ai cittadini e il cui esito secondo lui risolverebbe i problemi velocemente, ed anche diversi altri stati europei si sono detti dello stesso avviso, tra cui anche il premier di Malta, Joseph Muscat. Anche a Londra qualche giorno fa anche il sindaco Sadiq Khan ha chiesto questa possibilità, ed il gruppo “People’s vote” si sta impegnando in una campagna proprio per ottenere un nuovo referendum. Un’eventualità a cui May si è sempre detta contraria, sottolineando in più occasioni che la Brexit sarà portata a termine a marzo, senza ripensamenti. Incontrerà nuovamente nei prossimi giorni il premier irlandese Leo Varadkar per tentare una poco probabile visione comune. Disposta ad una strategia malleabile la premier scozzese Nicola Sturgeon, la quale ha chiesto di rimandare la Brexit se non verrà superato lo scoglio delle future relazioni con l’Unione.
Un altro tema al centro del meeting di Salisburgo è stato quello dell’immigrazione, con l’idea comune di rafforzare le frontiere esterne. Lo ha affermato il capo della Commissione Jean Claude Juncker, il quale ha spiegato che “siamo avanzati nella discussione che riguarda la protezione delle frontiere esterne”, aggiungendo che c’è consenso sulla proposta della Commissione, per cui “sono certo che potremo avanzare ancora sotto la presidenza austriaca”. La proposta di Juncker ha incontrato “il parere positivo” della tedesca Angela Merkel, mentre il premier italiano Giuseppe Conte ha mostrato perplessità su Fronte spiegando che “La posizione dell’Italia sul progetto Frontex è che può avere un ruolo, ma attenzione però, perché potenziare Frontex nella misura progettata fino a 10 mila uomini a regime costa 11 miliardi e oltre, e fa nascere problemi sull’utilità di tale investimento”. “Inoltre – ha aggiunto – assicurare il dispiegamento di questi mezzi e uomini significa prefigurare anche una invasione della sovranità. Tutti gli Stati membri sono gelosi custodi delle prerogative della propria sovranità e l’Italia non è da meno”. Per il premier italiano bisogna puntare sull’Africa: “L’Europa – ha spiegato – ritiene di avere risolto il problema sul versante orientale dando dei contributi a un Paese, è impensabile per tanti paesi dell’Africa stanziare somme più modeste, anche perché in Africa c’è una prospettiva di cooperazione”.