Al World Economic Forum di Davos si parla di Ucraina

di C.Alessandro Mauceri

Al via a Davos i lavori del World Economic Forum. In cima alla lista degli argomenti la guerra in Ucraina. Un evento che “ha scosso il panorama geopolitico in Europa e ha evidenziato la difficoltà di raggiungere l’unità internazionale in risposta al conflitto”. Come sempre propositivo l’approccio adoperato dagli organizzatori del Forum che hanno chiesto ai partecipanti di suggerire iniziative su “cosa possono fare i leader per promuovere la pace e la sicurezza e per forgiare il consenso in risposta a questa e ad altre guerre”.
Come sempre, molti gli argomenti interessanti. Primo fra tutti cosa fare in caso di una pandemia come quella che ha devastato il pianeta negli ultimi due anni. I rischi di una nuova pandemia sono tutt’altro che remoti: secondo gli esperti “Almeno un nuovo agente patogeno umano emerge ogni anno, che potrebbe rivelarsi la prossima pandemia”. Un motivo più che sufficiente per non fare più i tanti errori commessi nell’ultimo biennio e prevedere “come possono i settori pubblico e privato lavorare insieme per proteggere vite e mezzi di sussistenza” in queste emergenze.
Altri temi importanti quelli legati all’ambiente e allo sviluppo sostenibile, termine per decenni inflazionato e ora sostituito dalla onnipresente “resilienza”.
La prima domanda è “Cosa ci vorrà per creare collettivamente un trattato globale significativo, tempestivo ed efficace” per far fronte all’inquinamento dilagante legato all’uso e all’abuso di plastica. 175 governi hanno approvato una risoluzione delle Nazioni Unite per un trattato legalmente vincolante per la riduzione della plastica entro il 2024. Ma, come ci insegnano la storia e decine di Conferenze delle Parti sulle emissioni di CO2, tra il dire e il fare c’è di mezzo il mare. Un mare di plastica che sta riempiendo gli oceani.
Tema legato a filo doppio sia con l’ambiente che con la gestione dei conflitti il sistema alimentare e l’uso del suolo. Questo settore “rappresenta circa il 12% del PIL globale e fino al 40% dell’occupazione, ma la diffusa interruzione dell’approvvigionamento alimentare globale e la gestione insostenibile stanno mettendo a rischio la biodiversità, gli ecosistemi critici, la salute e la nutrizione umana e i mezzi di sussistenza di miliardi di persone”. Per questo è indispensabile che governi e produttori lavorino insieme per gestire meglio la produzione e la catena di distribuzione limitando i rischi connessi a eventi come quelli in atto in Ucraina, tra i maggiori produttori mondiali di grano.
Altro tema delicato, inserito tra gli eventi in videoconferenza, il ruolo degli Stati Uniti d’America nel panorama internazionale. Un tema già scottante prima che la Russia invadesse l’Ucraina. E ora diventato importantissimo visti i segnali di un ritorno alla guerra in Europa. Un momento di crescente incertezza geopolitica che vede il baricentro degli interessi non solo geopolitici ma anche economici spostarsi verso est.
Verso l’Asia. E verso la Cina, sempre più leader dell’economia globale. Un posizione che Pechino ha deciso di non sbandierare, a Davos, dove ha preferito parlare di alberi: il primo paese per emissioni di CO2 si è presentato dicendo che pianterà e farà crescere 70 miliardi di alberi entro il 2030.
Tanti i personaggi di primissimo piano presenti a Davos: da Ursula von der Leyen, presidente della Commissione europea, a Jens Stoltenberg, segretario generale dell’Organizzazione del Trattato del Nord Atlantico. Tutti impegnati a fatto appelli all’ “unità” per contrastare le sfide globali, prima fra tutte l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia.
“Negli ultimi anni, abbiamo cercato modi intelligenti e sostenibili per combattere i cambiamenti climatici. E come modellare la globalizzazione in modo che tutti possano trarne beneficio”, ha detto la von der Layen. “Davos è stata pensata per creare un futuro migliore insieme. È di questo che dovremmo parlare oggi. Invece, dobbiamo affrontare i costi e le conseguenze della guerra di scelta di Putin”, e ha aggiunto che “L’aggressione della Russia contro l’Ucraina viene direttamente da un altro secolo. Trattare milioni di persone non come esseri umani, ma come popolazioni senza volto da spostare o controllare o impostare come cuscinetto tra le forze militari. Cercando di calpestare le aspirazioni di un’intera nazione con i carri armati”.
Nessuna guerra è mai giustificata, ma prima di citare l’Ucraina la presidente della Commissione Europea avrebbe fatto bene a leggere il rapporto presentato a settembre 2021 dalla Corte dei conti dell’Ue. Un documento nel quale si dice che “la grande corruzione e la cattura dello Stato” sono ancora diffuse in Ucraina e che “gli aiuti dell’Ue (17 miliardi di euro dal 2014 all’inizio della guerra) hanno portato solo pochi risultati”. In tutti in settori. Anche dal punto di vista giudiziario, dove “il sostegno dell’UE alla riforma giudiziaria non ha prodotto risultati sufficienti” e “i progetti dell’UE e l’assistenza allo sviluppo delle capacità hanno contribuito a riformulare la Costituzione ucraina”, “ma questi risultati sono costantemente a rischio, con numerosi tentativi di bypassare leggi e annacquare le riforme”. Un sistema dove, secondo la Corte dei Conti europea, lo stesso Ufficio nazionale anticorruzione “è costantemente minacciato”. Giudizi, che in pochi mesi sembrano finiti nel dimenticatoio. Anche a Davos durante il World Economic Forum.