Albania. Rimpasto di governo verso le elezioni

di Valentino De Bernardis

Dopo tre mesi di boicottaggio alla vita parlamentare da parte dell’opposizione, e un sempre più esacerbante confronto politico, il Partito Socialista del primo ministro Edi Rama, e il Partito Democratico di Lulzim Xhelal Basha, tornano a dialogare. Evento quasi impossibile da prevedere solo un paio di settimane fa. Il merito dell’allentamento delle tensione è da attribuire, quasi esclusivamente, alla visita del vice assistente del Segretario di Stato statunitense Hoyt Brian Yee. Impegnato in una serie di incontri bilaterali in Europa, il diplomatico USA lo scorso 15 maggio si è recato a Tirana, con l’obiettivo annunciato di mettere in campo tutta la moral suasion a stelle e strisce, per far trovare una sintesi condivisa tra le due principali entità partitiche albanesi, ed evitare che l’opposizione boicottasse anche le elezioni generali di giugno, andando cosi a delegittimare il futuro governo prima ancora della sua nascita.
Una forte azione diplomatica, quella statunitense, capace di fare quello che le istituzioni europee non sono state in grado di fare, nonostante una patria potestà troppo spesso reclamata ma mai concretamente esercitata.
L’incontro tra Partito Socialista e Partito Democratico si è concretizzato in un ampio e condiviso accordo tra le parti, per garantire la maggiore trasparenza possibile a tutto il processo elettorale (che nel frattempo è stato deciso di posticipare dal 18 al 25 giugno).
In tal senso un passo necessario è stata la nascita a tappe forzate (nella sola giornata del 22 maggio si è provveduto alla nomina, al voto parlamentare e al giuramento) di un governo di larghe intese; in cui l’opposizione è riuscita a ottenere sia la carica del vice primo ministro (Ledina Mandia) che quella di cinque dicasteri (Dritan Demiraj agli interni, Helda Vukaj alle finanze, Gazmend Bardhi alla giustizia, Mirela Karabino all’educazione e Xhulieta Kertusha al welfare).
Non bisogna però lasciarsi abbandonare a facili entusiasmi perché nonostante un inizio cosi promettente, l’implementazione dell’accordo tra socialisti e democratici rischia ogni giorno di rallentare, per reciproche diffidenze ed esigenze politiche di non voler concedere ulteriore spazio all’avversario.
A catturare l’attenzione da chi osserva lo sviluppo della vita politica albanese, la decisione di Rama e Basha di voler correre da soli alle elezioni, e non avere alcuna intenzione di formare coalizioni pre-elettorali neppure con gli storici alleati di riferimento, quali il Movimento Socialista per l’Integrazione o il partito Giustizia,Integrazione e Unità, necessari per il raggiungimento di una maggioranza solida in parlamento. Quello che potrebbe sembrare un controsenso in termini, in realtà ha una spiegazione chiara se si va a scorrere il codice elettorale albanese fino all’articolo 162, in cui viene specificato che in caso di mancate alleanze pre-elettorali i partiti vedono innalzarsi lo sbarramento al 3%, un rischio che certamente i Socialisti e i Democratici non corrono. Si andrà quindi incontro ad un parlamento da una parte meno frazionato, riconosciuto sia dal principale partito di maggioranza che di opposizione, senza (forse) brogli, ma con una forte lacuna in termini di rappresentatività, specialmente per quell’elettorato che per motivi etnici o ideologici si riconoscono in partiti troppo piccoli per superare lo sbarramento.
Nel frattempo, mentre la politica era impegnata a ricostruire le basi della propria legittimazione, come da calendario sono giunte a Tirana le raccomandazione per l’implementazione delle riforme economiche da parte dell’Unione Europea. Un rapporto quello di Bruxelles che se da una parte ha riconosciuto un graduale miglioramento dei fondamentali del paese, dall’altro non ha potuto far altro che constatare che ancora moltissimo c’è da fare, in particolare in termini di entrate fiscali, spesa pubblica, trasparenza e lotta alla corruzione.
Raccomandazioni importanti che le istituzioni albanesi non possono non tenere in fortissima considerazione, se si vorrà continuare a coltivare il sogno di una completa adesione all’Unione Europea. Saranno i partiti però all’altezza di un tale compito?

@debernardisv
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