Algeria. La gestione del potere dopo l’elezione di Tebboune

di Alberto Galvi

Le elezioni presidenziali algerine hanno ribadito 9 mesi di proteste della popolazione, stanca del regime, un sistema politico che è stato fortemente contestato dallo scorso febbraio da un movimento senza precedenti denominato Hirak, che adesso richiede lo smantellamento dello stesso al potere dall’indipendenza nel 1962.
Il movimento Hirak ha sostituito di fatto quello islamista che per anni è stato incarnato dall’opposizione con il FIS (Front Islamique du Salut), anche se ad ora non sono riusciti a interpretare la rabbia contro il regime di Bouteflika del FLN (Front de Libération Nationale).
In Algeria la religione sarà sempre una questione importante, ma oggi gli algerini tengono maggiormente conto del pericolo dell’estremismo religioso. L’attuale dibattito politico è invece incentrato sull’opposizione tra il regime militare e quello civile.
Dopo aver ottenuto in aprile le dimissioni di Abdelaziz Bouteflika, che ha governato il paese per un ventennio, Gaid Salah è emerso come figura chiave del regime. Il leader militare ha sostenuto che le elezioni presidenziali siano il modo più sicuro per rompere lo stallo politico del paese.
Il tribunale di Algeri ha anche condannato per corruzione a 10 anni di reclusione due ex primi ministri, Ahmed Ouyahia e Abdelmalek Sellal, e cinque uomini d’affari di spicco a pene che vanno dai 3 ai 7 anni di reclusione. Molti ex alti funzionari sono stati detenuti mentre l’esercito cercava di reprimere le proteste.
I verdetti hanno fatto ben poco per conquistare la fiducia dei manifestanti, che li hanno visti più come una resa dei conti tra le maggiori personalità del regime e come scusa per far andare la gente arrabbiata a votare.
Il vincitore morale di questa elezione è stato sicuramente l’astensionismo, che ha raggiunto il 41,14%. Il vincitore effettivo è invece stato l’ex primo ministro Abdelmadjid Tebboune, che ha preso 58.15%. Gli altri candidati hanno ottenuto i seguenti risultati: Abdelkader Bengrina il 17.38%, Ali Benflis il 10.55%
Azzedine Mihoubi il 7.26%, Abdelaziz Belaid il 6.66%. A giorni il presidente eletto nominerà il nuovo primo ministro, dopo aver consultato il partito di maggioranza in Parlamento.
Il nuovo presidente algerino Tebboune aveva ricoperto la carica di primo ministro sotto l’ex presidente Abdelaziz Bouteflika, mandato iniziato nel maggio 2017 e costretto ad abbandonarlo dopo solo 4 mesi in quanto è stato destituito dallo stesso presidente, che poi ha abbandonato la sua carica lo scorso aprile a causa delle violente proteste.
L’elezione di Tebboune giunge in un momento critico per il paese nordafricano. Il neo presidente farà fatica ad essere accettato dall’elettorato in Algeria, dove molti lo vedono come un simbolo della gestione passata, considerata inadatta nel gestire la crisi politica ed istituzionale del paese.
Arbitrando i conflitti fra le varie fazioni, sin dall’indipendenza l’esercito è stato il vero centro del potere in Algeria. Le elezioni sono state contrastate da un grande movimento di protesta che ne voleva il rinvio fino a quando l’intera classe di potere non fosse stata smantellata e l’esercito non avesse abbandonato il suo ruolo nella gestione della politica.
Lo svolgimento pacifico di queste elezioni dopo mesi di proteste hanno vanificato i piani del generale Ahmed Gaid Salah, che sognava da una parte di consolidare il suo potere sull’Algeria e dall’altra di spegnere il movimento di protesta Hirak, dando un’apparente facciata democratica al suo regime.
Gli algerini si aspettano soluzioni per uscire dalla crisi e la liberazione dei prigionieri politici, altrimenti sarà il neo presidente eletto Tebboune a pagarne le conseguenze.