Algeria. Le elezioni presidenziali tra proteste e giunta militare

di Alberto Galvi

Il prossimo 12 dicembre si svolgeranno in Algeria le elezioni presidenziali. I 5 candidati sono gli ex primi ministri Abdelmadjid Tebboune e Ali Benflis, l’ex ministro della cultura Azzedine Mihoubi, l’ex ministro del turismo Abdelkader Bengrine e El Motakbel, Abdelaziz Belaid.
All’inizio i candidati erano 23 ma poi sono rimasti solo 5 per via delle regole che prevedono che per essere candidato alla presidenza bisogna aver raccolto almeno 50 mila firme dai cittadini nelle liste di voto in almeno 25 delle 48 province del paese.
L’ex presidente Bouteflika si dimise lo scorso 2 aprile dopo 20 anni al potere, grazie al movimento di protesta pacifico denominato Hirak. Questo movimento ha iniziato a scendere in piazza il 22 febbraio scorso per protestare contro la candidatura del presidente Bouteflika al suo quinto mandato, insieme a una parte della classe politica e militare che ha dominato il paese per decenni.
I giovani algerini sono arrabbiati inoltre per l’aumento della disoccupazione e della corruzione a causa di un vecchio establishment, che non recepisce le esigenze di rinnovamento del paese.
Lo scorso 26 marzo infatti il capo di stato maggiore, il generale Ahmed Gaïd Salah, ha costretto il presidente Bouteflika a dimettersi. Con la caduta del presidente l’esercito è diventato protagonista principale della politica algerina.
L’alto comando militare per mesi ha rifiutato qualsiasi via d’uscita dalla crisi, ad eccezione delle elezioni presidenziali, mentre ha respinto le istituzioni transitorie richieste dai manifestanti.
Abdelkader Bensalah, il presidente della camera alta del parlamento, è subentrato ad aprile a Bouteflika come presidente ad interim, sotto la pressione del capo di stato maggiore Ahmed Gaïd Salah, ma le proteste sono comunque continuate.
L’Algeria aveva annullato il voto presidenziale per le proteste diffuse precedentemente programmate per il 18 aprile, mentre il 4 luglio scorso, sono state annullate a causa della mancanza di candidati.
La costituzione algerina prevede mediante decreto firmato dal presidente, che le elezioni si svolgano entro 90 giorni dalla data di quella firma.
Con le nuove elezioni di dicembre i manifestanti chiedono una nuova classe dirigente per il paese e la fuoriuscita del vecchio establishment, incluso il presidente ad interim Abdelkader Bensalah e il primo ministro Noureddine Bedoui.
Il programma elettorale dei 5 candidati è molto variegato. Abdelmadjid Tebboune ha promesso di combattere la povertà attraverso un giusto salario per la classe operaia, ed esentando le persone a basso reddito dalle tasse. Il candidato Ali Benfli è a favore della lotta alla corruzione, del sostegno ai giovani e all’istruzione, della rivalutazione del posto delle donne e della diversificazione dell’economia.
Azzedine Mihoub leader del DNR (Democratic National Rally), che ha promesso leggi rigorose per combattere tutte le forme di violenza contro le donne, anche se quando era ministro ha abusato delle sue funzioni per favorire la sua ricchezza personale.
Abdelkader Bengrine che ha creato nel 2013 il movimento El Bina con i dissidenti dell’MPS (Movement for Peace Society), se viene eletto presidente promette di migliorare le condizioni di vita del cittadino, garantendogli facilitazioni per l’accesso alla casa e all’istruzione, l’aumento dei salari e maggiori diritti alle donne in maternità. Infine Abdelaziz Belaid ha promesso di costruire istituzioni forti che riflettano un nuovo modello di stato algerino attraverso una riforma della costituzione, che risponda alle aspirazioni dei cittadini.
Significative per capire il malessere della popolazione nei confronti di queste elezioni sono state le manifestazioni che si sono avute lo scorso 1° novembre.
In quell’occasione si ricordava l’anniversario dell’inizio ufficiale della guerra di indipendenza dell’Algeria, quando l’oppressore era la Francia, mentre adesso quel ruolo è stato assunto dall’apparato di sicurezza algerino.
A livello internazionale la normalizzazione della situazione algerina è importante per gli interessi che hanno le grandi potenze occidentali nel continente africano. Il presidente Bouteflika ha cercato negli anni di estendere l’influenza internazionale del proprio paese, grazie soprattutto agli accordi sul gas fatti grazie alla multinazionale algerina Sonatrach, che è la più importante del continente africano.
Bouteflika negli anni ha normalizzato i rapporti con tutte le grandi potenze occidentali, ma anche con la Cina, il Giappone la Korea del Sud e la Russia. Inoltre l’Algeria è un paese strategico nei rapporti con gli altri paesi del Maghreb come Marocco Tunisia e Libia, e del Sahel come il Mali e il Niger in cui le forze jihadiste rendono instabile tutta la regione.
I candidati alla presidenza non hanno l’appoggio di molte delle organizzazioni civili e politiche algerine le quali hanno invitato la popolazione ad astenersi al voto. I gruppi sono quelli che sostenevano tradizionalmente Bouteflika, come il NLF (National Liberation Front), oppure quelli dell’opposizione come il JDF (Justice and Development Front).
Tra i 5 candidati quello sostenuto dalle forze armate è Benflis, che è già stato candidato presidente nel 2004 e nel 2014 contro Bouteflika, ed è sostenuto dal generale Abderrazak Cherif, uno stretto alleato del capo di stato maggiore il generale Ahmed Gaïd Salah, mentre il suo principale concorrente è sicuramente Abdelmadjid Tebboune già membro del governo Bouteflika. La campagna elettorale terminerà l’8 dicembre a mezzanotte.
In Algeria il vero simbolo della democrazia è rappresentato dall’Hirak, che sembra essere l’unico movimento organizzato in grado di trasportare l’Algeria verso la democrazia. Se le manifestazioni non porteranno a nessun cambiamento, è probabile che la giunta militare sarà in grado di imporre la sua scelta e ripristinare la volontà popolare.