Algeria. Mokrani (Hirak), ‘torniamo in piazza, il regime ha paura’

Dire

“E’ dal 1963 che in Algeria ascoltiamo discorsi pieni di promesse e che poi non cambia nulla. Il presidente Tebboune ha annunciato lo scioglimento delle Camere e il rimpasto di governo solo per guadagnare tempo e spegnere la collera: nelle ultime settimane si sono registrate proteste in tutto il Paese per il carovita oppure per la mancanza di lavoro, di servizi o alloggi. Il movimento popolare, l’Hirak, che con le sue proteste pacifiche ha costretto Bouteflika alle dimissioni non è finito. Questo governo sa che lunedì scenderanno in piazza a migliaia e ha paura”. Con l’agenzia Dire parla Djalal Mokrani, dell’associazione culturale Rassemblement actions jeunesse (Raj), che dal 1992 promuove diritti e libertà democratiche.
Il Raj è anche uno degli organismi che hanno aderito “all’hirak” (“movimento” in arabo), la sollevazione pacifica che dal febbraio 2019 ha portato milioni di algerini a manifestare in tutte le regioni del Paese per chiedere le dimissioni del governo, giudicato corrotto, elitario e incapace di risolvere i problemi economici del Paese. Mokrani fu arrestato ad aprile di quell’anno assieme ad altri partecipanti ai cortei ed è stato rilasciato solo nel dicembre scorso, dopo 18 mesi di reclusione.
Ieri, l’attuale presidente Abdelmadjid Tebboune ha annunciato legislative anticipate e un nuovo governo perché, ha detto, “ho ascoltato le critiche dei cittadini”. Per Mokrani, però, “non c’e’ da fidarsi: Tebboune e’ espressione di quel sistema politico di cui noi continuiamo a chiedere la fine”. Le presidenziali del 2019 per Mokrani “sono state illegali e anche la nuova Costituzione, respinta dalla società civile e dalla maggioranza dei politici d’opposizione, non ha recepito nessuna delle nostre istanze”.
Secondo Mokrani “l’Algeria ha un’economia basata sul petrolio e i continui crolli nel prezzo del greggio hanno alimentato crisi economiche che nessun governo è stato in grado di mitigare”. La lettura è che “la pandemia ha solo peggiorato le cose e la gente è stanca di un altro anno di fallimenti”. Neanche le promesse d’impegno per la lotta al Covid-19 convincono, dice l’attivista: “Quando ha contratto il coronavirus, Tebboune è andato a curarsi in Germania: come credete che stia il nostro sistema sanitario?” Mokrani legge in modo critico anche la grazia accordata a una sessantina di detenuti dell’Hirak: “Non è un regalo, e’ un atto riparatorio verso degli arresti e delle condanne arbitrarie. Le autorità decisero di reprimere con la forza i cortei e ora cercano di porvi rimedio”.
La tesi è che il discorso del capo dello Stato, pronunciato in occasione del secondo anniversario del primo corteo dell’Hirak, che ricorre oggi, quando migliaia di algerini sfilarono pacificamente nella capitale contro l’intenzione dell’allora presidente Abdelaziz Bouteflika di candidarsi a un quinto mandato, sia “una strategia per rilanciare l’alleanza coi partiti che lo sostengono”. Mokrani continua: “Tebboune deve aver compreso il messaggio partito dalle centinaia di dimostranti che hanno protestato tre giorni fa a Kherrata”.
Questa città della regione della Cabilia è nota per una serie di massacri compiuti dai francesi nel 1945 e per aver partecipato attivamente alla guerra che pose fine al colonialismo nel 1962. “Nel 2019 – ricorda Mokrani – fu la prima città a sollevarsi all’annuncio della ricandidatura di Bouteflika, tre giorni prima di Algeri; martedì scorso tantissimi sono tornati a Kherrata per dire a gran voce che l’Hirak c’è”.