Angola. L’incertezza del cambiamento

di Valentino De Bernardis

Lo scorso 3 febbraio presso la sede di Comitato Centrale del Fronte Nazionale di Liberazione dell’Angola (MPLA), il presidente in carica Jose Eduardo dos Santos ha confermato l’intenzione a voler lasciare la carica presidenziale dopo le elezioni generali previste per il mese di agosto 2017. A ben vedere le dichiarazioni di dos Santos rappresentano una non-notizia, dato che da oltre due anni aveva comunicato la volontà di passare la mano e ritagliarsi il ruolo di “padre della patria”.
Trentasette anni di potere ininterrotto (la seconda presidenza più longeva africana seconda solo a quella di Teodoro Obiang in Guinea Equatoriale), legittimato da una guerra anti-colonialista prima e un’aspra guerra civile poi, e consacratosi con una gestione “famigliaristica” del potere, analizzando i fatti c’è da credere che il passo indietro di dos Santos sarà per un primo tempo solamente di facciata.
A risultare poco chiara è prima di tutto come verrà portata avanti la transizione. La Costituzione angolana modificata nel 2010 specifica che non vi è alcuna elezione diretta del presidente della Repubblica, ma che questa carica coincida direttamente con il leader del partito politico che ha vinto le elezioni legislative. Una nomina indiretta quindi, che però va a cozzare con l’intenzione di dos Santos di voler lasciare la testa delle istituzioni nel 2017, pur rimanendo la guida del partito fino al 2018, e guidare in prima persona il processo di transizione come prontamente ripetuto attraverso la radio di Stato (Radio Nacional de Angola).
Tanti interrogativi a cui, se viene sommata la decisione di nominare nel 2016 la figlia del presidente, Isabel dos Santos, alla guida della società petrolifera statale Sonangol (cioè la cassaforte del paese), si potrebbe realmente pensare male e ritenere che la presenza dei dos Santos nei centri strategici del paese, non andrà a scemare con il cambio al vertice del paese.
Il ticket elettorale (presidente-vicepresidente) designato alla successione è composta dall’attuale ministro della difesa Joao Lourenço, e il ministro del territorio Bornito de Sousa. Nomi di unione, con il primo già segretario generale del MPLA e vicepresidente del MPLA in carica, non nuovi alle istituzioni e alle dinamiche del partito-stato, potenzialmente capaci di tenere a freno (o accontentare?) le diverse correnti ed evitare di lasciare pericolosi spazi politici all’opposizione.
Un compito certamente non facile, che potrebbe nascondere numerosi trabocchetti nei quali Lourenço potrebbe facilmente cadere e portare ad un rimescolamento generale delle carte da qui ad agosto, eventualità a cui Luanda non sarebbe nuova. Basta ricordare come fino ad un anno e mezzo fa il delfino, accreditato primo alla successione, fosse il vicepresidente del paese, ed ex amministratore delegato della Sonangol, Manuel Vicente, per poi essere retrocesso nelle retrovie a causa di una indagine di giudici portoghesi nei suoi confronti per un presunto caso di corruzione.
Se queste sono le considerazioni dal punto di vista politico, altre ben più importanti rimangono in piedi dal punto di vista economico. La nuova squadra di governo che si insidierà dal prossimo autunno dovrà portare avanti un complesso processo di trasformazioni e riforme strutturali che definire difficile sarebbe riduttivo. La crisi economica, in cui il paese è insabbiato ormai dal 2013, è direttamente correlato alla caduta del prezzo degli idrocarburi sui mercati internazionali, che nel 2016 ha rappresentato oltre il 90% delle esportazioni, e oltre il 40% del prodotto interno lordo, e a una mancata diversificazione dell’economia. Percentuali di dipendenza quelle testé riportate, che certamente non subiranno pesanti cambiamenti nel corso nel 2017, per la mancanza di un preciso piano di azione in tempi brevi.
Se a questi si somma una povertà diffusa, figlia di una gestione clientelare delle risorse nazionali, e tassi elevatissimi di disoccupazione (cifre ufficiose parlano di un tasso superiore al 25%), si può ben capire quanta e quale incertezza porterà con sé in dote il tanto atteso cambio alla testa delle istituzioni angolane.

@debernardisv
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