Arabia Saudita. 5 condanne a morte per l’omicidio di Kashoggi

Il sospetto è che i mandanti siano intoccabili.

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Un tribunale saudita ha inflitto 5 pene capitali ad altrettante persone accusate di aver preso parte al barbaro omicidio del giornalista Jamal Khashoggi, mentre altri tre imputati sono stati condannati a diversi anni di reclusione.
Si tratta perlopiù di personaggi di secondo piano che hanno avuto un ruolo nell’esecuzione di Kashoggi, avvenuta nel consolato saudita di Istanbul il 2 ottobre 2018, mentre i “big” Saoud al-Qahtani, ex consigliere del principe ereditario Mohammed ben Salman, non è stato processato, e il generale Ahmed al-Assiri, ex capo dell’intelligence, è stato assolto per insufficienza di prove.
Khashoggi, dal 2017 esule negli Usa, era editorialista del Washington Post molto critico nei confronti del principe ereditario Mohamed bin Salman, il quale anche in passato non si è fatto scrupoli nel far arrestare principi e funzionari requisendo loro cifre per svariate centinaia di miliardi di dollari, denaro utile per il suo progetto di una città-resort sul Mar Rosso.
Non solo tutti gli indizi portavano al principe ereditario come mandante dell’efferato omicidio: la stampa Usa aveva riportato le conclusioni della Cia che davano Mbs (così viene chiamato il principe) aver impartito ordini al fratello Khalid bin Salman, ambasciatore negli Usa, per consigliare a Khashoggi di recarsi al consolato di Istanbul per ritirare i documenti di divorzio, dove era stata preparata la trappola. Per la Cia, pur non essendoci prove certe che Khalid fosse a conoscenza del piano per eliminare Khashoggi, è certo che la telefonata fu sollecitata o arrivava direttamente da Mbs.
Rimangono quindi forti sospetti che le condanne di oggi riguardino in realtà capri espiatori sacrificabili, e che resti una sorta di intoccabilità nei confronti dei mandanti, o del mandante, dell’omicidio del giornalista.