Arabia Saudita. Dopo gli attacchi houthi è aumento record del prezzo del petrolio

di Nunzio Messere

Come era facilmente prevedibile, l’attacco di due giorni fa degli houthi yemeniti ai complessi petroliferi sauditi di Buqyak e di Hijra Khurais si sono tradotti in un consistente aumento del prezzo del petrolio, 12 dollari sul Brent, pari a un aumento del 20%. Il prezzo ha toccato i 71 dollari al barile per poi assestarsi intorno ai 66 dollari, un aumento che non ha precedenti dal 1988, quando sono stati lanciati i future.
D’altronde l’impianto per la lavorazione del greggio di Buqyak è il più grande del mondo, come pure è centrale per la produzione il campo di estrazione di Hijra Khurais, gestito dalla Saudi Aramco, ed in pochi attacchi con i droni l’Arabia Saudita ha perso 5,7 milioni di barili al giorno, il 6% della sua capacità produttiva.
Se gli attacchi sono in qualche modo giustificati dai continui bombardamenti sauditi sullo Yemen voluti dal principe ereditario Mohamed bin Salman, il presidente Usa Donald Trump è tornato a minacciare l’Iran, per quanto il ministro degli Esteri Mohamed Javad Zarif abbia negato il coinvolgimento del suo paese.
Trump si è detto pronto ad intervenire militarmente verso i responsabili degli attacchi, ma già dalla Cina è arrivato un altolà, ed al Consiglio di sicurezza dell’Onu il suo voto, come quello della Russia, è vincolante.
Proprio dagli Usa sono poi arrivate dichiarazioni di funzionari secondo cui gli attacchi non sarebbero in realtà opera degli houthi, bensì di milizie sciite attive in Iraq, comunque sostenute dall’Iran.