ASEAN. Il Sud-Est asiatico nel 2021 tra Cina, Usa e coronavirus

di Alberto Galvi –

I paesi membri dell’ASEAN (Association of South-East Asian Nations) sono pronti a stringere accordi duraturi con gli Usa e al fine di tenere a bada la Cina se il presidente eletto, Joe Biden, rafforzerà il ruolo degli Usa nella regione, agendo come baluardo contro l’espansionismo di Pechino nell’area.
La Cina sta guadagnando maggior controllo nel conteso Mar Cinese Meridionale, nonostante le rivendicazioni di Brunei, Malesia, Filippine e Vietnam che, insieme a Myanmar, Cambogia, Laos, Indonesia, Singapore e Thailandia, sono quattro membri dell’ASEAN. Nei quattro anni nei quali Donald Trump è stato presidente Usa, Washington ha inviato navi militari nella regione come avvertimento, mentre ha aiutato ad armare e addestrare le forze armate degli stati situati vicino ai confini cinesi.
In politica interna i paesi dell’ASEAN hanno gestito la pandemia meglio di altre regioni, anche se il virus ha messo a nudo gravi carenze organizzative e di leadership in Indonesia, Malesia e Filippine, lacune che rischiano di porre un freno alla trasformazione dell’ASEAN in una vera e propria comunità economica.
Indonesia, Filippine e Thailandia devono affrontare gravi incertezze in politica interna, mentre Vietnam e Laos terranno i congressi del partito di governo all’inizio del 2021 i cui esiti avranno 7n forte peso sul loro futuro, le prospettive per Myanmar e Filippine, che terranno nel 2022 le elezioni presidenziali, sono invece difficili da prevedere. A Singapore una nuova generazione di leader deve invece contenere sentimenti nazionalisti e anti-stranieri nel contesto di una transizione politica che per questo rischia di subire ritardi.
Sulla carta l’ASEAN in politica estera non si schiera né con la Cina né con gli Usa, anche se molti dei suoi membri sono alleati di Washington da decenni. Gli Usa potrebbero avviare quindi colloqui con l’ASEAN su un nuovo accordo commerciale, inoltre, in qualità di presidente, Biden probabilmente coinvolgerà maggiormente l’organizzazione nell’ambito della strategia di sicurezza che riguarda l’area dell’Indo-Pacifico in chiave anti cinese.
La Cina e i paesi dell’ASEAN hanno deciso già nel 2009 di dar vita a un’area di libero scambio nella regione, anche se gran parte hanno un’economia che dipende notevolmente dal mercato statunitense. In questi anni i negoziati con la Cina hanno inoltre dato la luce a un nuovo accordo commerciale esteso ai paesi di tutta la regione dell’Asia-Pacifico, il RECEP (Regional Comprehensive Economic Partnership), che è stato siglato lo scorso 15 novembre e comprende: Corea del Sud, Australia, Brunei, Malesia, Filippine, Vietnam, Giappone, Nuova Zelanda, Cina, Myanmar, Cambogia, Laos, Indonesia, Singapore e Thailandia.
Questo accordo si pone in contrapposizione con il CP-TPP (Comprehensive and Progressive Agreement for Trans-Pacific Partnership), un accordo di libero scambio tra il Canada, Australia, Brunei, Cile, Giappone, Malesia, Messico, Nuova Zelanda, Perù, Singapore e Vietnam. Firmato l’8 marzo 2018, è entrato in vigore il 30 dicembre 2018. Nonostante abbia sette membri in comune il CP-TPP, rispetto al RECEP, prevede una maggiore libertà nel commercio e una maggior condivisione nelle normative come quelle che riguardano temi come la proprietà intellettuale, il lavoro e l’ambiente.