Australia. Incendi boschivi: cambiamenti climatici sono un problema per il governo

di Alberto Galvi –

Negli ultimi mesi l’Australia sta lottando contro gli incendi boschivi che si propagano a macchia d’olio a causa del clima che è diventato più caldo e più secco. Le autorità affermano che alcuni di essi saranno estinti solo da forti piogge, anche se non se ne prevedono di abbondanti nei prossimi 2 mesi.
Dal punto di vista climatico il peggio potrebbe ancora venire, con temperature estive che normalmente raggiungono il picco a gennaio e febbraio. L’emergenza è iniziata lo scorso settembre e da allora 10 persone sono morte, 700 case sono state divorate dalle fiamme e migliaia di ettari di vegetazione sono andati persi.
Mentre i roghi infuriavano in tutto il paese, Il primo ministro australiano Scott Morrison era in vacanza negli Stati Uniti e per questa ragione è stato criticato duramente. Molti australiani hanno accusato lui e il suo governo conservatore di non aver preso adeguate contromisure per contrastare i cambiamenti climatici e di aver minimizzato per quest’anno l’anticipo della stagione degli incendi.
Nonostante la sua leadership non sia per ora in discussione, Morrison si è scusato difendendo le politiche del suo governo. Il primo ministro è stato inoltre informato sull’emergenza nel Nuovo Galles del Sud, dove ci sono oltre un centinaio di roghi attivi e per spegnerli sono stati mobilitati circa 2.000 vigili del fuoco. Altri incendi stanno ora divampando nel Queensland, nell’Australia meridionale e occidentale.
A proposito di politiche ambientali, bisogna ricordare che l’Australia è uno dei maggiori produttori di carbonio del mondo, ma il governo si impegnato a ridurne le emissioni nonostante la sua dipendenza dalle centrali elettriche a carbone. L’Australia le riporterà sotto i livelli del 2005 entro il 2030. L’accordo di Parigi prevede infatti una riduzione del 26-28% entro quella data.
Molti australiani si stanno ora ponendo il problema se codesti incendi siano o no collegati ai cambiamenti climatici. Gli scienziati hanno infatti da tempo avvertito che un clima più caldo e più secco contribuirà a renderli più frequenti e più intensi.
Quest’anno il principale fattore climatico che ha inciso sull’aumento del caldo è stato lo IOD (Indian Ocean Dipole), un fenomeno che fa oscillare la temperatura della superficie dell’Oceano Indiano facendola diventare più calda o più fredda e incidendo sulle precipitazioni e sulle temperature in Australia.
Nella parte ovest del paese le precipitazioni quest’anno sono state superiori alla media, producendo più combustibile nelle praterie dell’entroterra. Al contrario, gli incendi nell’est del paese sono stati causati dall’aumento della temperatura e dalla velocità del vento uniti ad una bassa umidità, che hanno permesso a dei piccoli focolai di ingrandirsi velocemente.
L’Australia si trova ora ad affrontare un costo molto elevato per domarli, si parla di 240 milioni di dollari da ottobre fino ad oggi, ma il valore è destinato a crescere in modo significativo nonostante il paese abbia fatto affidamento a lungo sui volontari.
La capacità di affrontare la questione dei cambiamenti climatici sembra essere diventato un importante indicatore di consenso per la durata di un governo, e non solo per gli effetti a lungo termine che da esso scaturiscono, ma anche per i costi che questi comportano per la popolazione coinvolta.