Azawad. I tuareg dichiarano guerra agli alleati jihadisti. E sono pronti a votarsi al laicismo

di Enrico Oliari –

Le scaramucce trasformatesi poi in una vera e propria guerra di secessione in Mali fra esercito regolare e tuareg dell’Azawad sono iniziate nell’autunno 2008. Tuttavia mai ci si sarebbe aspettato che le tribù tuareg, che per raggiungere il loro scopo si erano alleate con le milizie jihadiste dell’Ansar Dine, si sarebbero dovute ritrovare oggi a dover chiedere aiuto alla comun alla comunità internazionale per liberarsi dei vecchi alleati.
La proclamazione della Repubblica islamica dell’Azawad si era avuta lo scorso 4 aprile, poco dopo la presa di Timbuctù, ed immediatamente erano iniziati i dissapori fra gli islamici integralisti ed i tuareg, i quali, con un comunicato ripreso oggi dal quotidiano algerino ‘el-Khabar’, tentano di far passare il Mlna (Movimento per la liberazione dell’Azawad) per una formazione di carattere laico.
Era successo che dopo aver preso le varie città del nord insieme agli jihadisti dell’Ansar Dine, gruppo di miliziani provenienti un po’ da ovunque che si rifà apertamente ad al-Qaeda, i tuareg, abitanti di quelle terre da sempre, erano stati di fatto sottomessi quando non allontanati dai loro luoghi.
Non solo: da diverse settimane gli jihadisti stanno procedendo in un’opera sistematica di distruzione delle numerose opere d’arte che caratterizzano le città del nord del Mali, in particolare di Timbuctù, che è patrimonio riconosciuto dall’Unesco; nell’antica città prima sono state distrutte le statue marmoree di Alfarouk, un angelo difensore della città ricordato con fattezze di un uomo, completamente vestito di bianco e su un cavallo, anch’esso bianco, ed in questi giorni sono stati abbattuti persino i mausolei e gli antichi templi in terra battuta.
Così, come se nulla fosse, i tuareg oggi hanno rivolto un appello Urbi et orbi in quanto entrati “in guerra contro le formazioni jihadiste e terroriste che occupano le città del nord”, come si legge nella nota e come se nulla fosse Musa Agh al-Sarid, leader del Mlna, ha accusato le autorità maliane di “non aver mai combattuto contro questi gruppi e di averli piuttosto finanziati”.
al-Sarid ha poi dichiarato che “la nostra non è una guerra contro l’Islam o contro gli arabi: andremo avanti verso l’obiettivo dell’indipendenza dell’Azawad che vogliamo sia laico e democratico nell’interesse di tutte le tribù, che siano songhai, fulani, arabi o tuareg”.
In realtà è bene ricordare che le cose non stanno proprio così: da anni Bamako sta tentando di non perdere il nord del paese, ricco di metalli preziosi e di petrolio, per cui si era rivolto in più occasioni all’Unione Africana, all’Ecowas ed all’Onu per denunciare l’alleanza fra jihadisti e tuareg, armata con i traffici provenienti dalla Libia; il quotidiano algerino “Echorouk” vi aveva visto persino finanziamenti da parte di Saadi, uno dei figli di Muammar Gheddafi, che, proprio grazie ai tuareg, avrebbe a suo tempo raggiunto in Niger.
Già con la proclamazione della Repubblica islamica dell’Azawad, immediatamente tramontata proprio per le tensioni fra i due gruppi fondatori, Qatar e Iraq si erano dichiarati pronti a riconoscerne l’indipendenza dal Mali, in cambio di concessioni sulla ricerca del petrolio.
E’ palese che ai tuareg la situazione sia sfuggita di mano e risulta grottesco il tentativo di far passare ora il progetto dell’Azawad sotto la bandiera della laicità per richiedere l’aiuto dell’Occidente: ad allearsi con il diavolo, ogni tanto, ci si scotta.