Bahrain: repressione in corso della rivoluzione. Intervista all’oppositore Rashed al-Rashed

di Ehsan Soltani –

Dal 2011 è in corso nel piccolo stato del Bahrain una rivoluzione di cui nessuno quasi parla: le proteste contro la monarchia si succedono quasi quotidianamente ed il re Hamad bin Isa al-Khalifa ha chiamato truppe straniere per reprimere, spesso nel sangue, le manifestazioni dell’opposizione.
Notizie Geopolitiche ne ha parlato con Rashed al-Rashed, uno dei capi degli insorti ed uno dei leader del movimento Amal Al-Islamico
– Hamad bin Isa al-Khalifa, una volta diventato re del Bahrain, ha accettato di fare alcune riforme politiche, come lo svolgimento del referendum per la Carta costituzionale, rinnovare la Camera dei deputati ed il Senato, accettare l’attuazione di ben tre elezioni in dieci anni: perché il Bahrain è interessato dalle proteste e gli oppositori vorrebbero rovesciare il sistema politico del paese? Quali sono le istanze dei manifestanti e degli oppositori?
Prima di rispondere alla domanda, dovrei chiedere di quali riforme stiamo parlando. Quando Hamad bin Isa al-Khalifa è diventato re, erano appena passati sei anni della Rivoluzione del 1994, per cui si è trovato a dover risolvere diverse crisi per radicare la sua leadership nel consenso popolare, per cui è stata pensata una riforma travestita da rivoluzione; il re ha liberato migliaia di carcerati detenuti senza processo e torturati, ma non ha preso iniziative contro coloro che torturavano ed arrestavano illegalmente. Inoltre la riforma che ha interessato la Camera dei deputati è stata fittizia, in quanto alle camere non sono stati attribuiti poteri effettivi, bensì solo un ruolo di consigliere, Per questo motivo la maggior parte degli oppositori neanche partecipano alle elezioni; il re, sapendo di non poter godere del pieno consenso popolare, ha attuato un piano che già aveva un precedente nel periodo coloniale, cioè importare dal Pakistan, dalla Siria e dall’Iraq intere famiglie, dando loro cittadinanza ed ospitalità ed utilizzandole contro la popolazione autoctona.
La stessa storia della dinastia al-Khalifa, che è originaria della regione di Hegiaz, nell’Arabia occidentale, è costellata da innumerevoli tentativi di prendere il Bahrain e finalmente nel 1783 è riuscita a vincere la resistenza della popolazione e a prendere il governo: l’obiettivo, tuttavia, è senza dubbio il genocidio degli abitanti tradizionali del Bahrain, i quali continuano a considerare gli al-Khalifa usurpatori stranieri del proprio governo e, sentendosi minacciati, protestano contro la monarchia”.
– Il re sostiene che i militanti del movimento Amal Al Islamico vogliono fare un colpo di stato e quindi rovesciarlo spingendo il popolo contro di lui; l’anno scorso, dopo la denuncia del ministro della Giustizia, il movimento è stato sciolto ed alcuni fra i principali esponenti sono stati incarcerati: che ruolo ha ora tale movimento nelle proteste in corso in Bahrain?
Fra la popolazione ed il movimento Amal Al Islamico c’è una profonda differenza, seppure il movimento, che fra gli obiettivi si propone il rovesciamento del re, abbia diffusione nella popolazione. Vi è poi un ulteriore movimento, la Popolazione Amal Islamico, che è registrato regolarmente e che non è stato sciolto in occasione della crisi politica recente: si tratta di un’associazione di medici, insegnanti, fotografi ed intellettuali che si unisce nella condanna alla repressione attuata da al-Khalifa”.
– Con l’inizio delle manifestazioni e dei disordini nel 2011, l’Arabia Saudita, che è alleato militare del Bahrain, ha mandato truppe e poco dopo è stata inviata la proposta di unire in una confederazione il Bahrain all’Arabia Saudita: quando sarà data attuazione a tale piano e quale sarà la reazione degli oppositori?
Perché esista una confederazione fra le due nazioni, è necessario che entrambe la approvino e quindi a decidere devono essere le popolazioni. Tuttavia io ritengo che sia molto difficile che una popolazione che disdegna al-Kalifa possa accettare di unirsi all’Arabia Saudita
– Qual è l’atteggiamento della Lega araba nei confronti della repressione attuata da Hamad bin Isa al-Khalifa nei confronti degli oppositori?
La Lega Araba è in mano ai sauditi, i quali al momento tacciono nei confronti degli sviluppi in corso in Bahrain. Di certo il mondo di oggi considera il più potente, a prescindere da chi abbia ragione”.
– Dopo l’invio di truppe in Bahrain per vincere gli insorti da parte dell’Arabia Saudita, degli Emirati arabi uniti e della Giordania, il Segretario agli Esteri degli Stati Uniti, Hillary Clinton, aveva detto che i paesi intervenuti a fianco del re stavano seguendo un percorso sbagliato: come interpreta l’atteggiamento degli Usa e dell’Unione europea nei confronti di quanto sta accadendo nel paese?
I paesi europei non hanno lasciato un buon ricordo nel nostro paese: la Gran Bretagna, nel periodo della colonizzazione, ha sempre sostenuto il disegno degli al-Khalifa e per proteggere la monarchia ha importato abitanti dall’India. Erano inoltre compagni degli al-Khalifa nella repressione del popolo, per oltre un secolo. Gli Stati Uniti e la Gran Bretagna continuano ancora oggi nell’appoggio alla monarchia, vendendo loro armi, addestrando i militari e procurando sistemi di spionaggio; l’americano John Timoney è consigliere del ministro dell’Interno del Bahrain, ed anche l’inglese John Yates è consulente per la Sicurezza”.
– Capita di sentire, da parte del governo, dell’arresto di spie iraniane o legate al movimento sciita degli Hezbollah, per cui agli oppositori vengono imputati collegamenti con i Servizi segreti di Teheran: che ne pensa del ruolo dell’Iran negli sviluppi della crisi del Bahrain?
al-Khalifa, per compensare gli attacchi alla sua leadership, cerca scuse ed incolpa i manifestanti e gli oppositori di avere contatti con i paesi esteri, cosa assolutamente non vera. La nostra manifestazione ha radici antecedenti alla nascita della Repubblica islamica dell’Iran, basti pensare che dal 1919 in Bahrain c’è stata una rivoluzione ogni dieci anni”.
– Agli occhi degli analisti internazionali, tuttavia, l’opposizione al re si presenta come priva di unità. Ad esempio, all’inizio dell’attuale crisi si è stata formulata la proposta di un dialogo fra le opposizioni ed il governo: il partito al-Wefaq, a differenza degli altri gruppi, aveva accettato… perché voi e gli altri non avete aderito alla proposta dell’apertura di un dialogo?
Tutte le opposizioni sostengono che il re e la monarchia siano corrotti e che vadano cacciati, ma la differenza sta nella gradualità o nell’immediatezza del cambiamento di regime. Secondo alcuni la gradualità è importante per ottenere di volta in volta benefici, tuttavia la maggior parte dei gruppi come Amal Al Islamico, come Haq, o Wefa, o ancora l’Alleanza dei giovani del 14 febbraio, credono che il rovesciamento del sovrano debba avvenire in modo repentino. Chi vuole rovesciare un sistema, non chiede e non accetta di dialogare… come possiamo dialogare nel momento in cui l’esercito saudita si trova in Bahrain a combattere contro il popolo? Come possiamo prendere parte a colloqui nel momento in cui Hasan Mushaima del partito Haq, Hussein Abdel-Wahab del partito Wefa, Muhammad Ali Mahfouz di Amal Al Islamico e Ibrahim Sharif di Va’d, tutti leader, sono in carcere? Con chi vuole dialogare il re?”.
– Che futuro vede per il Bahrain?
La popolazione del Bahrein ha solo una scelta: rovesciare il re-dittatore al-Khalifa. Tutti i baraini sono a conoscenza del disastro che è in corso nel paese, per cui devono scegliere una morte lenta e dolorosa, o la vittoria e la libertà. Ma la libertà ha un prezzo, che va pagato. Il popolo del Bahrain combatte da 230 anni e continuerà a combattere fino alla vittoria”.