Belucistan. 21 morti in un attacco

di Giuseppe Gagliano

21 persone sono state uccise in un attacco avvenuto nella regione pachistana del Belucistan, solo l’ultimo episodio di violenza in una regione da decenni teatro di conflitti interni e tensioni. La provincia del Belucistan, situata nel sud-ovest del Pakistan al confine con l’Iran e l’Afghanistan, è un’area ricca di risorse naturali, soprattutto minerarie, e questo ha storicamente alimentato contrasti tra le autorità centrali e gruppi separatisti locali.
I moventi principali dietro questi attacchi sono da ricercare nel malcontento diffuso tra i beluci per la percezione di uno sfruttamento delle risorse senza un’equa redistribuzione dei benefici alla popolazione locale. I gruppi separatisti, come il Balochistan Liberation Army (BLA), sono attivi da decenni e chiedono maggiore autonomia e una quota più significativa dei proventi derivanti dalle risorse naturali. L’area è strategicamente rilevante non solo per il Pakistan ma anche per altri attori internazionali, in particolare la Cina, che ha investito notevolmente nella regione attraverso il Corridoio Economico Cina-Pakistan (CPEC).
Questo quadro è aggravato dalla presenza di militanti jihadisti, che hanno trovato terreno fertile nel Belucistan a causa delle fragili istituzioni locali e del generale clima di instabilità. La crescita di gruppi jihadisti è legata anche alla situazione regionale, in particolare al ritiro delle truppe statunitensi dall’Afghanistan e al conseguente rafforzamento dei talebani, che hanno influenzato il riemergere di fazioni estremiste in tutta la regione.
L’attacco alle miniere di carbone, oltre ad avere cause legate alla rivolta separatista, si inserisce in un contesto di violenze sempre più frequenti contro lavoratori migranti, spesso afghani, che vengono visti come invasori o simboli del controllo esterno sulle risorse locali. La percezione di una colonizzazione economica, sia da parte del governo pakistano sia da attori stranieri, ha intensificato le tensioni.
Il governo pakistano ha cercato di gestire la situazione attraverso un mix di repressione militare e promesse di sviluppo economico, ma con scarsi risultati. La crescente violenza rende sempre più difficile attrarre investimenti nella regione, nonostante le sue risorse minerarie e il potenziale di sviluppo infrastrutturale. Inoltre, la violenza colpisce anche le relazioni diplomatiche, come dimostrato dalla condanna da parte del governo afghano per la morte di cittadini afghani durante l’attacco.
La politica interna del Pakistan si trova quindi in una situazione di stallo, con un governo centrale incapace di offrire soluzioni che vadano oltre la repressione e i gruppi separatisti che continuano a sfruttare il malcontento per alimentare il conflitto. Finché non si affronteranno le cause profonde di questa instabilità, in particolare la distribuzione iniqua delle risorse e la marginalizzazione politica della popolazione beluci, gli attacchi continueranno a rappresentare una dolorosa realtà nel Belucistan.
Il conflitto in Belucistan è alimentato da una complessa combinazione di rivendicazioni locali per un maggiore controllo delle risorse, tensioni etniche e la presenza di militanti islamisti. Le risposte governative focalizzate principalmente sulla repressione militare, senza affrontare le cause politiche ed economiche sottostanti, hanno fallito nel portare stabilità e continueranno probabilmente a farlo se non verranno sviluppate nuove strategie di inclusione e sviluppo per la regione.