Birmania. Il Dalai Lama chiede a Aung San Suu Kyi di fermare la pulizia etnica dei rohingya

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Il Dalai Lama, capo spirituale del buddismo tibetano, ha chiesto oggi alla leader politica birmana Aung San Suu Kyi di intervenire per individuare una soluzione alla persecuzione che non da oggi ha investito nel suo paese la minoranza musulmana dei milione e centomila rohingya. “Mi appello a te e agli altri leader di raggiungere tutte le sezioni della società per tentare di restaurare relazioni amichevoli tra la popolazione in uno spirito di pace e riconciliazione”, ha detto il Dalai Lama aggiungendo che “Le persone che minacciano i musulmani, dovrebbero ricordare il Buddha”: “Lui avrebbe dato aiuto a quei poveri musulmani. Io lo sento. Sono molto triste”.
Aung San Suu Kyi è buddista seppure di un’altra corrente rispetto al collega Premio Nobel per la Pace, ma in Birmania sono proprio i monaci buddisti ad essere da anni in prima linea nella lotta contro i rohingya, arrivando a violenze ed omicidi che non hanno risparmiato il massacro di donne e bambini, interi villaggi bruciati con gli abitanti dentro. Proprio i monaci buddisti hanno manifestato per il ritiro dei documenti di identità ai rohingya al fine di impedire loro il voto, cosa poi ottenuta.
La repressione ha portato giovani e meno giovani ad imbracciare le armi per difendere casa e famiglia: una catena di eventi che ha fatto intervenire l’esercito con scontri che si sono trasformati in guerriglia fino ai 90 morti di alcuni giorni fa, quando gruppi radicali rohighya hanno attaccato posti di polizia.
Oggi sul tema è intervenuto da Ginevra anche l’Alto commissario Onu per i diritti dell’uomo Zeid Raad al-Hussein, il quale ha definito la repressione nel paese guidato de facto da Aung San Suu Kyi un “esempio classico di pulizia etnica”: “La Birmania – ha spiegato il giordano al-Hussein – ha rifiutato l’accesso agli inquirenti (dell’Onu) specializzati nei diritti dell’Uomo, la valutazione della situazione attuale non può essere completamente realizzata, ma sembra essere un esempio classico di pulizia etnica”.