Birmania. Scatta la legge marziale, proteste e idranti

Ue e Gb chiedono una riunione d’emergenza all’Onu. La Nuova Zelanda rompe le relazioni diplomatiche.

di Mariarita Cupersito

Proseguono le proteste in Birmania contro il colpo di Stato militare di una settimana fa, e per il quarto giorno consecutivo migliaia di persone sono scese per le strade del Paese sfidando il nuovo divieto dell’esercito a manifestare a Yangon, Mandalay e nella capitale Naypyidaw. I militari hanno ripetutamente utilizzato idratanti e proiettili di gomma per disperdere una piccola folla di manifestanti che rifiutava di abbandonare la piazza.
Nelle principali città il regime golpista ha fatto sapere di essere pronto all’utilizzo della forza, ma i manifestanti non sembrano intenzionati a desistere.
Il generale Min Aung Hlaing, capo delle forze armate, è apparso in televisione per giustificare il golpe facendo riferimento a “brogli elettorali” nelle elezioni dello scorso novembre in cui ha vinto la “Lega nazionale per la democrazia” di Aung San Suu Kyi, e ha annunciato nuove inchieste sulle presunte irregolarità.
La Birmania ha respinto la richiesta degli Stati Uniti di interloquire con la leader Aung San Suu Kyi, come reso noto dal portavoce del dipartimento di stato Usa Ned Price nel briefing con la stampa, mentre l’Unione Europea e la Gran Bretagna hanno chiesto una riunione d’urgenza del Consiglio dei diritti umani dell’Onu.
La Nuova Zelanda ha intanto annunciato la rottura delle relazioni diplomatiche con la Birmania e la premier Jacinda Ardern ha chiesto alla comunità internazionale di “condannare con forza” il golpe, annunciando sanzioni contro i militari. Il Paese oceanico è dunque il primo al mondo ad isolare la giunta militare birmana in seguito al colpo di Stato.