Birmania. Scontri con i militari: uccisi 20 abitanti di un villaggio

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Continua ad essere instabile la situazione in Birmania, dove dal 1 febbraio i militari controllano il potere a seguito del golpe che ha portato agli arresti di numerosi esponenti del partito vincitore delle elezioni, la Lega nazionale per la democrazia (Lnd), tra cui la leader Aung San Suu Kyi. Il regime del generale Min Aung Hlaing continua a reprimere le proteste con la violenza, e sempre di più gruppi spontanei e mal organizzati tentano colpi di mano.
Oggi nel villaggio Hilayswe, 150 chilometri a nord-ovest di Ragon, un folto gruppo di abitanti ha tentato di resistere all’esercito rispondendo, stando alle testimonianze, con “catapulte e balestre”, ma in breve sono stati sopraffatti dai militari. Dati non ufficiali parlano di almeno venti morti, ma per la tv di Stato Mrtv sarebbero “stati uccisi tre terroristi, e due sono stati arrestati (…) in un complotto contro lo Stato”.
Da febbraio sono oltre 800 i morti per le proteste contro la presa di potere dei militari, i quali hanno dalla loro la Cina, che continua a bloccare le risoluzioni di condanna al Consiglio di Sicurezza dell’Onu dove ha diritto di veto, ritenendo quanto sta accadendo nel paese orientale un affare interno. In realtà sono molti i progetti strategici cinesi in Birmania, certamente più sicuri con un governo che non guarda a occidente. Stessa cosa la Russia, la quale ha interesse a che la Birmania non si trasformi in un avamposto degli Usa nell’area.