Bosnia Erzegovina. Il ruolo di mediazione del presidente turco Erdogan nella crisi balcanica

di Alberto Galvi –

Il presidente turco Recep Tayyip Erdogan e quello serbo Aleksandar Vucic hanno concordato di mediare i colloqui per la crisi che coinvolge i partiti in Bosnia. Lo ha reso noto lo stesso presidente turco, precisando che l’iniziativa prenderà il via dopo le elezioni presidenziali e parlamentari della Serbia del prossimo aprile. Il presidente in Bosnia Erzegovina è eletto direttamente, ed è un ruolo a rotazione tra un esponente bosniaco, uno serbo e un croato.
Lo scorso anno la crisi è divampata dopo che i legislatori nazionalisti dell’entità semi-autonoma serba della Bosnia Erzegovina hanno approvato una mozione non vincolante che spazia dalle forze armate, al sistema fiscale e alla magistratura del paese.
Questa mozione è stata a lungo sostenuta dal leader serbo-bosniaco Milorad Dodik, mentre la Turchia ha criticato la mossa e si è offerta di mediare alla crisi, che ha sollevato i timori di una ricaduta nel conflitto etnico in Bosnia.
La Turchia aveva sostenuto in tempo di guerra il defunto leader musulmano bosniaco Alija Izetbegovic e nel dopoguerra ha stretto buoni rapporti con la presidenza bosniaca interetnica serbo croata della Bosnia. Il leader del partito SDP (Social Democratic Party), Bakir Izetbegovic si è opposto ad una proposta del presidente croato Zoran Milanovic affinché Turchia, Croazia e Serbia agiscano da mediatori all’interno della Bosnia-Erzegovina.
Il leader turco ha ricevuto una proposta simile dal leader serbo bosniaco Dodik, ma non ha accettato l’offerta in quanto per risolvere tali controversie la Bosnia-Erzegovina ha proprie istituzioni.
La Bosnia fu divisa dopo la guerra etnica del 1992-95 in due regioni ampiamente autonome: la Repubblica Serba e la Bosnia Erzegovina. Quest’ultima è una federazione decentralizzata di croati e bosniaci.
Le aperture verso la Bosnia sono spesso un modo per Erdogan di sfidare l’Ue: il leader turco intende dimostrare a Bruxelles che può fare affari sia con i bosniaci che con i serbo bosniaci e che anche il primo ministro albanese Edi Rama, Dodik e altri leader regionali hanno espresso sostegno alla sua offerta di mediazione per risolvere la crisi; al contrario Vucic ha invitato Dodik a tornare alle istituzioni nazionali.
A causa di una legge che criminalizza la negazione del genocidio, la Repubblica Serba ha boicottato dalla metà del 2021 la Bosnia. In tempo di guerra la Serbia era la protettrice dei separatisti serbo-bosniaci ed anche nel dopoguerra è rimasta vicina all’entità serba della Bosnia, condividendone una parte del confine.
Nel frattempo gli Stati Uniti hanno imposto nuove sanzioni a Dodik, il quale ha dovuto affrontare anche dall’Ue misure volte a colpire con a perdita degli aiuti chi fomenta tensioni.