Bosnia. Si estendono le proteste per il caso Dragicevic, ormai diventate antigovernative

di C. Alessandro Maceri

In Bosnia, non si placano le proteste che vanno avanti da mesi: le manifestazioni si sono ripetute sempre più frequenti e accorate e la polizia è intervenuta arrestando decine di persone.
Tutto ha avuto inizio a marzo dello scorso anno, dopo il ritrovamento del cadavere di un uomo nel fiume Crkvena non lontano da Banja Luka, una città della Bosnia serba. Il cadavere è stato identificato come quello di David Dragičević, scomparso pochi giorni prima. Secondo la versione della polizia locale, il giovane sarebbe stato coinvolto in una rissa in un bar, ma sarebbe anche responsabile di una rapina dopo la quale sarebbe caduto da un ponte nel fiume Crkvena dove sarebbe annegato.
A non credere a questa versione “ufficiale” è prima di tutto il padre del ragazzo che ha accusato le autorità di voler coprire i veri responsabili dell’omicidio. A confermare la sua tesi sono le dichiarazioni del medico patologo Željko Karan, che ha dichiarato di aver trovato sul corpo di Dragičević diversi ematomi causati dai colpi, forse ricevuti durante la rissa, ma lo stesso Karan, non ha escluso che gli ematomi sul corpo di Dragičević avrebbero potuto essere causati solo successivamente. La madre del ragazzo inoltre ha raccontato che la sera del 18 marzo, poco prima della scomparsa, il figlio le avrebbe inviato un sms in cui diceva che se gli fosse successo qualcosa, il responsabile sarebbe stato un uomo indicato con delle iniziali, che la famiglia ritiene essere una figura pubblica nota, ma non ha voluto rivelare di chi si tratterebbe.
Vengono organizzate numerose manifestazioni, inizialmente pacifiche: tutti i giorni, alle 18, i genitori del ragazzo, gli amici, e molti cittadini comuni, si riuniscono in piazza Krajina (rinominata poi Piazza David), nel cuore di Banja Luka. chiedendo tutti la stessa cosa, giustizia.
Quello di David infatti non è un caso isolato. Per questo la sua morte attira la solidarietà di altre famiglie i cui membri sono morti in circostanze violente mai del tutto chiarite, i cosiddetti “casi silenziati”. Come quello di DženanMemić di Sarajevo, secondo quanto affermato dalle autorità vittima nel 2016 di un incidente stradale, ma per il quale la famiglia ha sempre affermato che si sarebbe trattato di un’aggressione camuffata da incidente per coprire i responsabili. O come il caso di Nikola Đurović, investito a Banja Luka nel 2011: anche in questo caso i familiari sostengono che si sarebbe trattato di un omicidio. E poi quelli di Jovan Arbutina, di Alen Šehović, di Danijela Aranđelović, di Ivona Bajo e molti altri.
Banja Luka, città della Repubblica Serba di Bosnia ed Erzegovina, è al centro di una delle due principali parti in cui è divisa la Bosnia: nella Bosnia serba abitano prevalentemente i serbi ortodossi (come la famiglia di Dragičević), mentre nella Federazione della Bosnia ed Erzegovina, l’altra entità, abitano soprattutto i bosgnacchi (musulmani) e i croati (cattolici).
In breve, le proteste si estendono ad altre città e sono sempre più violente, secondo alcuni anche a causa della inefficienza del sistema statale ormai non più tollerato. A maggio il Parlamento locale è costretto ad istituire una commissione d’inchiesta per fare chiarezza sull’accaduto. A giugno la commissione dichiara che ci sarebbero diversi elementi per ritenere quella del ragazzo non una morte accidentale ma un omicidio. Il rapporto però sarebbe stato rifiutato dal Parlamento locale. Cosa questa che ha inasprito le proteste. Il presidente di turno della Bosnia, Milorad Dodik, ha attaccato pesantemente i manifestanti che intanto hanno esteso le proprie proteste ad altre città bosniache, tra cui Sarajevo.
Il caso Dragičević non è più la sola ed unica causa delle proteste. Molti protestano per la situazione in Bosnia che peggiora di giorno in giorno, nel più totale silenzio dei media internazionali: la corruzione è sempre più diffusa e sarebbero continue le violazioni dello stato di diritto. Per questo alle proteste si sono aggiunti anche i leader dell’opposizione. In molti speravano che le manifestazioni avrebbero ridimensionato il potere di Dodik alle elezioni che si sono svolte ad ottobre. Ma così non è stato. Intanto però la situazione diventa ogni giorno più difficile da gestire. Gli ultimi giorni dello scorso anno, durante una protesta, i manifestanti sono riusciti ad impedire il concerto di un cantante locale. Come conseguenza, il giorno dopo, il sindaco della città Igor Radojičić ha ordinato la cancellazione di tutti gli eventi in programma per la notte di Capodanno, per ragioni di ordine pubblico: “A mezzanotte Banja Luka starà in silenzio per la prima volta dai tempi della guerra”, come ha dichiarato in una conferenza stampa. Dal canto suo il presidente Milorad Dodik ha accusato paesi stranieri di fomentare e finanziare le proteste di piazza. La polizia ha arrestato anche alcuni esponenti dell’opposizione, tra cui Branislav Borenovic e Drasko Stanivukovic del Partito del Progresso Democratico, Vojin Mijatovic dei socialdemocratici, così come l’ex deputato del parlamento regionale Adam Sukalo.
Anche per Davor Dragičević, padre di David, è stato emesso un mandato di cattura (alcune fonti dicono che sarebbe stato arrestato, altre che sarebbe scomparso dopo essere stato rilasciato).
Intanto le maniere dure volute da Milorad Dodik potrebbero avere un effetto negativo per il governo, come ha dichiarato per East Journal Vanja Stokic, direttrice del portale eTrafika.net: “Le istituzioni hanno lanciato un boomerang che gli è subito ritornato indietro”.