Brexit. Londra nel caos, May non esclude un nuovo referendum

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Si fa sempre più improbabile che la premier britannica Theresa May riesca a far approvare dalla Camera dei Comuni un nuovo accordo con l’Ue per la Brexit entro il 12 aprile, anche perché permangono forti tensioni tra i partiti e all’interno dei partiti. Una situazione difficilissima, tanto che si è ipotizzata dagli stessi Tories la sfiducia nei confronti della premier e la sua sostituzione con un capo del governo in grado di presentare in pochissimo tempo una nuova proposta.
May ha dichiarato che un nuovo voto dell’accordo non troverebbe i numeri alla Camera, per cui non ha escluso l’ipotesi, fino ad oggi da lei stessa negata, di un nuovo referendum.
La realtà è che l’Hard Brexit viene data come cosa scontata da più parti, nonostante il milione di partecipanti “remain” alla manifestazione di due giorni fa e le 5 milioni di firme raccolte per chiedere una nuova consultazione referendaria.
Il poco tempo concesso dall’Ue alla May, comunque oltre quel 29 marzo previsto dal meccanismo dell’articolo 50 del trattato di Lisbona, si spiega con il fatto che altrimenti la Gran Bretagna sarebbe costretta a partecipare alle elezioni europee di maggio, uno scenario impensabile per un paese destinato a lasciare la Casa comune.
L’Ue si è detta pronta all’ipotesi di un “No deal” tanto che sono già stati approvati 17 dei 19 provvedimenti da adottare in caso di uscita drastica della Gran Bretagna, mentre Londra è ancora a quota zero.
Portate nel territorio dell’Ue le varie agenzie e con i colossi industriali che stanno lasciando il territorio britannico, continuano ad essere prospettati i vari disagi, non ultimo oggi quello concernente il roaming, cioè i potenziali aumenti dei costi di espatrio nella telefonia mobile.