Brexit. May vede Juncker, ma restano i nodi di Gibilterra e dei diritti di pesca

di Elisabetta Corsi

La premier britannica Theresa May è volata a Bruxelles per discutere del piano di divorzio con l’Ue insieme a Jean Claude Juncker, presidente della Commissione Europea, ed ha rivelato che vi sono progressi per il futuro rapporto tra Regno Unito e Unione Europea.
Continuano tuttavia ad esserci nodi da sciogliere, in particolare due: Gibilterra, in cui il Regno Unito si trova in contrapposizione con la Spagna, e la politica della pesca in acque britanniche che vede come parti in causa Paesi Bassi, Francia e Danimarca. Per questo motivo la premier ritornerà a Bruxelles sabato, giusto in tempo per il summit dei paesi membri dell’Ue di domenica, per chiudere la questione nell’interesse, come da lei dichiarato, “di tutti i cittadini”. L’obiettivo è l’approvazione da parte del Consiglio Europeo del piano nella giornata di domenica.
La Spagna ha già fatto sapere tramite il primo ministro Pedro Sanchez che non darà la sua approvazione al piano se non verrà cambiata la parte riguardante Gibilterra. Madrid ritiene infatti che manca un chiarimento su come sarà la posizione e quindi i rapporti tra la Spagna e Gibilterra dopo la Brexit, e vorrebbe un accordo bilaterale separato con la May. Il problema sta nel fatto che ogni giorno circa diecimila spagnoli si recano a Gibilterra per lavoro e attraversano il confine, e quindi questi lavoratori necessitano di certezze.
I governi francesi, olandesi, danesi, spagnoli e portoghesi sono preoccupati per il numero di pescherecci che potranno accedere alle acque britanniche per le attività di pesca e la Francia per approvare il piano ha chiesto la modifica della formulazione sui diritti di pesca in acque britanniche. Si profila anche qui il rischio di veto se non si farà luce sul problema che riguarda anche il futuro del mercato unico, in cui il Regno Unito avrà un accesso preferenziale ma senza dover rispettare le norme sulla libertà circolazione.
Insieme al piano è stata spedita anche una dichiarazione politica, un documento di poche pagine riguardo le future aspirazioni nelle relazioni tra Regno Unito e Unione Europea, che rispetto alla precedente dichiarazione prevede un riferimento specifico alla fine della libera circolazione, la determinazione a voler sostituire il meccanismo di “backstop” con soluzioni tecnologiche, il ruolo costante della Corte di Giustizia europea per quanto riguarda il diritto dell’Ue (mal visto dai Brexiteers). L’ultimo paragrafo riguarda lo sviluppo di norme e mezzi di cooperazione comuni ma con autonomia normativa, cioè possono non essere seguite le regole del mercato unico.
In ogni caso qualsiasi accordo definitivo tra le due parti non deve interferire con le “quattro libertà” fondamentali dell’Unione Europea, cioè libera circolazione di capitali, beni, persone e servizi all’interno dei restanti 27 paesi dell’Ue. La May ha dichiarato che “Siamo fiduciosi di essere in grado di concordare domenica un accordo per l’intera famiglia del Regno Unito, compresa Gibilterra”.
In una breve dichiarazione rilasciata a Downing Street ha dichiarato, ripresa dalla BBC, che “Gli inglesi vogliono che la cosa si risolva. Vogliamo un buon accordo che ci metta sulla strada per un radioso futuro. Quell’accordo è alla nostra portata e sono determinata a mantenerlo”. Senza dimenticare di ribadire che è l’accordo più giusto per il Regno Unito.