Brexit. Terza bocciatura per il piano May: è caos. ‘Abbiamo raggiunto il limite’

Spunta il quarto piano, ma probabile l'Hard Brexit.

di Elisabetta Corsi

“Abbiamo raggiunto il limite”, “le implicazioni della decisione della Camera sono gravi. Il Regno Unito deve lasciare l’Unione Europea il 12 Aprile, fra solo 14 giorni. Non è sufficiente per individuare un accordo ma il Parlamento è stato chiaro riguardo alla volontà di non lasciare l’Ue senza un accordo. Dovremo trovare una via alternativa. L’Ue è stata chiara, qualsiasi altra estensione dovrà avere un fine preciso e dovrà essere approvata all’unanimità dai leader dei 27 Stati membri entro il 12 Aprile”. Sono amare le parole della premier britannica Theresa May, la quale ha fallito di nuovo alla Camera dei Comuni. Il suo piano è stato bocciato per la terza volta, con 58 voti di scarto (344 voti contro e 286 favorevoli), l’ennesima batosta per la premier britannica, per quanto già preannunciata. Lo smacco è avvenuto dopo che aveva proposto pure le sue dimissioni on cambio dell’approvazione del suo piano.
May ha accusato i deputati di non avere un piano “b” in grado di superare un’eventuale prova del voto, ed ha ribadito che il governo continuerà ad agire affinché venga attuata la Brexit, ovvero che “il governo cercherà ancora un’uscita ordinata per rispettare il voto del referendum”.
Le informazioni che giungono da Londra indicano la premier impegnata ad individuare un quarto accordo, ma che per farlo dovrà spingersi oltre quel termine ultimo del 12 aprile che costringerebbe la Gran Bretagna a prendere parte alle elezioni europee. L’alternativa è quella dell’Hard Brexit, cioè dell’uscita dall’Unione Europea senza accordi, una situazione che tutti vorrebbero evitare ma che continua ad essere data come la più probabile, sia nel Regno Unito che a Bruxelles.
L’unica certezza a questo punto è l’impossibilità di un’uscita il 22 maggio com’era stabilito in caso di approvazione del terzo piano May.
I temi più controversi e che sparano i partiti continuano ad essere sostanzialmente quelli del confine nord irlandese e dello status dei cittadini europei presenti o che si recano in Gran Bretagna, ma forse Londra sta semplicemente pagando quella cattiva abitudine di volere tutto senza concedere nulla, si vedano le concessioni che Bruxelles aveva a suo tempo fatto a David Cameron per scongiurare il referendum di tre anni fa.
Il 1 aprile ci sarà un altro giro di votazioni in Parlamento sulle varie proposte realizzate come alternativa al piano May. Il 10 aprile sarà la giornata di un summit di emergenza con i leader europei in cui saranno considerate le richieste del Regno Unito per un prolungamento dell’uscita e che arrivino in tempo sufficiente perché il Consiglio europeo possa esaminarle.
Intanto il leader dei laburisti Jeremy Corbyn è tornato a chiedere le dimissioni della premier e a insistere su nuove elezioni, spiegando che l’accordo con Bruxelles deve cambiare e che bisogna farlo capire in qualche modo alla premier.
Dopo la manifestazione dei “remain” di settimana scorsa, che ha visto scendere nelle strade di Londra un milione di manifestanti per chiedere un nuovo referendum, fuori dal Parlamento vi è stata l’edizione dei “leave”, assai meno nutrita ma fatta di una protesta forte nei confronti di una classe politica che dopo tre anni non ha saputo rispondere alla volontà dei cittadini.