Burkina Faso. Abolita la pena di morte

di C. Alessandro Mauceri –

Il Parlamento del Burkina Faso ha approvato la modifica del Codice di Diritto Penale che prevede l’abolizione della pena capitale. Una decisione importante sotto diversi aspetti. Si è trattato di una decisione a larga maggioranza (83 su 125 deputati), cosa tutt’altro che usuale nel paese, poche le opposizioni e per lo più dovute non tanto alla legge in sé, quanto per il modo in cui questo processo è stato avviato. L’abolizione della pena di morte è stata fortemente sostenuta da varie organizzazioni della società civile, nonché dal foro degli avvocati burkinabè.
Ma soprattutto si tratta di una scelta che cambia la vita (in tutti i sensi) dei detenuti nelle carceri del paese, già condannati alla pena capitale e in attesa di esecuzione. Secondo l’ultimo report di Amnesty International, inoltre, alla fine del 2017 risultavano essere dodici le persone ancora detenute nel braccio della morte. L’ultima esecuzione risale al 1988 ma la presenza di condannati a morte in attesa di esecuzione e la possibilità di aumentare il loro numero restava un problema segnalato più volte dalle organizzazioni umanitarie. Ora il Burkina Faso è entrato a far parte del gruppo dei Paesi che nel mondo non prevedono più la pena.
Questo cambiamento importante e secondo alcuni frutto dell’accordo “raggiunto ad aprile tra il governo francese e quello del Burkina Faso per rielaborare il codice penale”, come ha detto il missionario del posto padre Tougouma, sarebbe solo il primo passo verso cambiamenti molto più importanti. Nel paese ha detto padre Tougouma “è in corso la proposta di una nuova Costituzione, all’interno della quale era stata già proposta abolizione della pena di morte”.
A confermarlo sarebbero le parole riportate su un giornale locale del ministro della Giustizia, Rene Bagoro che ha affermato che la riforma “apre la strada a una giustizia più credibile, equa, accessibile ed efficace nell’applicazione del diritto penale”.
Ma l’abolizione della pena di morte potrebbe essere l’inizio di una nuova stagione politica per il Burkina Faso: secondo molti analisti questa decisione potrebbe agevolare l’estradizione e il ritorno in patria di Francois Compaoré, fratello dell’ex presidente del Burkina Faso Blaise Compaoré, deposto con un colpo di stato nel 2014 e attualmente in Francia. Su di lui pende un mandato di arresto internazionale spiccato dalle autorità giudiziarie del Burkina Faso nell’ambito dell’inchiesta sull’assassinio del giornalista Norbert Zongo, nel 1998. L’estradizione è stata finora negata dato che le autorità francesi non autorizzano estradizioni verso paesi in cui vige la pena di morte. Non è un caso se già nel 2015 l’Assemblea nazionale di transizione (CNT) aveva avviato l’esame di una proposta di legge per l’abolizione della pena di morte e il governo di transizione aveva già approvato il testo della norma. Dopo la decisione del Parlamento del Burkina Faso pare che la Corte di appello di Parigi abbia deciso di esprimersi il prossimo 13 giugno sulla richiesta di estradizione per Compaoré.
Con la decisione presa nei giorni scorsi il Burkina Faso è diventato il 107mo paese totalmente abolizionista, cui devono aggiungersi altri 28 stati abolizionisti di fatto e sette abolizionisti per i reati ordinari. Sebbene il numero delle esecuzioni capitali sia in calo a livello globale (nel 2017 sono state registrate 993 esecuzioni in 23 Stati, nel 2015 erano 1.634 e nel 2016 1.032), la strada verso l’abolizione globale della pena capitale è ancora lunga.