Burkina Faso. Ancora un attacco alla comunità cristiana

Acs sente il vescovo Nare, 'si vuole eliminare la presenza cristiana'.

di Nunzio Messere

Non si fermano gli attacchi alle comunità cristiane del Burkina Faso, dopo che solo due giorni fa una ventina di terroristi, quasi sicuramente jihadisti, hanno attaccato una chiesa di Dablo, nella provincia di Sanmatenga uccidendo 6 persone tra cui il sacerdote 34enne Abbé Siméon Yampa.
Oggi ad essere uccisi da uomini armati sono stati quattro fedeli che stavano riportando nella chiesa di Singa, nel comune di settentrionale di Zimtenga, la statua della Madonna al termine di una processione religiosa.
È il terzo attacco a una chiesa cristiana negli ultimi venti giorni: il 29 aprile obiettivo dei terroristi è stata una chiesa cristiana protestante a Silgadji, ad una sessantina di chilometri da Djibo, nella parte settentrionale del paese. Anche in quel caso a rimanere uccisi sono stati il pastore e 4 fedeli; poi gli aggressori hanno dato fuoco al villaggio. Il 17 marzo è stato rapito don Joël Yougbaré, parroco di Djibo nella diocesi di Dori.
In Burkina Faso, paese subsahariano la metà dei 17,5 milioni di abitanti è di fede islamica, il 30% di fede cristiana e il restante 20% è costituito principalmente da seguaci delle religioni africane tradizionali animiste.

Sentito da Acs (Aiuto alla Chiesa che Soffre), il vescovo di Kaya, monsignor Théophile Nare, ha spiegato che “È chiaro che si vuole eliminare la presenza cristiana” nell’area settentrionale del paese, e la diocesi di Dori, dov’è stato rapito don Yougbaré, “è vicina alla nostra ed è l’area in cui vi è maggiore presenza di terroristi, a causa della vicinanza al confine con il Niger. Ma non sappiamo chi sono questi fondamentalisti perché nessun attacco è stato mai rivendicato e i colpevoli agiscono sempre a volto coperto. Ciò che è certo è che ormai l’area in cui ci troviamo è diventata un’enclave alla quale neanche l’esercito ha accesso”. “I terroristi – ha notato il presule – parlano sempre la lingua delle vittime”, e “a Dablo, come in altri attacchi, hanno detto alle vittime che le uccidevano perché non praticavano la “vera religione”, ovvero l’Islam. E poi hanno sparato al tabernacolo. Quale messaggio più chiaro per dire: “non vogliamo che voi cristiani pratichiate la vostra religione”?”.
Il terrore si diffonde all’interno della comunità cristiana che a Kaya è nettamente inferiore a quella musulmana. “Dopo l’attacco di domenica sono andato a Dablo per incontrare i miei fedeli per cercare di confortarli ed ovviamente erano terrorizzati”, afferma monsignor Nare notando come il messaggio di solidarietà inviato da Papa Francesco dopo l’attentato costituisca un grande incoraggiamento per tutta la diocesi e per il suo pastore. “Ho detto loro che non siamo soli e che il gesto del Santo Padre rappresenta l’intera Chiesa universale che si stringe attorno a noi. Poi li ho invitati ad avere fiducia e a non scoraggiarsi, anche se vogliono impedirci di pregare, se vogliono distruggere la nostra Chiesa. Noi dobbiamo continuare a pregare perché quella in atto in Burkina oggi non è soltanto una guerra contro noi cristiani, ma è una guerra dichiarata contro Gesù Cristo”.