di Giuseppe Gagliano –
Il Burkina Faso, un paese dell’Africa occidentale, sta affrontando una delle sue peggiori crisi di sicurezza e instabilità politica degli ultimi anni. Questo piccolo stato, ricco di storia e cultura, si trova oggi nel mezzo di un vortice di violenza e conflitti che sta minacciando non solo la sua stabilità interna ma anche la sua sopravvivenza come nazione unita.
La recente ondata di insicurezza è culminata con gli eventi dell’11 giugno, quando i combattenti della Jama’at Nusrat al-Islam wal-Muslimin (JNIM) hanno lanciato un attacco devastante contro una base militare nel villaggio di Mansila, vicino al confine con il Niger. L’attacco ha portato alla morte di decine di soldati burkinabé, segnalando una delle peggiori sconfitte per l’esercito nazionale dall’inizio delle ostilità nel 2015. La perdita di 107 soldati, come rivendicato dal JNIM, ha amplificato il malcontento all’interno delle forze armate, sollevando timori di ammutinamento e ulteriori colpi di stato.
Il capitano Ibrahim Traoré, al potere dal colpo di stato del 2022, ha promesso di proteggere il paese e di guidarlo verso una transizione democratica. Tuttavia la recente decisione di prorogare di cinque anni il governo militare ha suscitato critiche, con molti che accusano Traore di sfruttare l’insicurezza per mantenere il potere. Le voci di dissenso all’interno dell’esercito si sono intensificate, alimentate dalle perdite subite a Mansila e dalle recenti sparatorie avvenute vicino al palazzo presidenziale e alla sede dell’emittente nazionale, Radio Television du Burkina (RTB).
Il contesto di insicurezza è aggravato dalla presenza di gruppi armati affiliati ad al-Qaeda e all’ISIS, che ora controllano quasi metà del territorio del Burkina Faso. La strategia di Traoré di rompere i legami con la Francia, l’ex potenza coloniale, e di avvicinarsi alla Russia ha portato a un raffreddamento delle relazioni con l’occidente e alla sospensione di diverse agenzie mediatiche internazionali. La presenza di mercenari del gruppo Wagner, arrivati dal vicino Mali, evidenzia ulteriormente l’influenza russa nella regione.
L’impatto umanitario di questa crisi è devastante. Circa un decimo della popolazione è ora sfollata a causa dei combattimenti, con più di 5mila scuole chiuse. La città di Djibo, ad esempio, ha visto la sua popolazione aumentare drasticamente, mettendo a dura prova le risorse locali. L’insicurezza ha portato anche a gravi problemi di malnutrizione, con circa 1,4 milioni di bambini che affrontano livelli critici di fame entro giugno. La situazione è ulteriormente complicata dall’elevata inflazione e dalle difficili condizioni climatiche del Sahel.
La comunità internazionale ha risposto con aiuti insufficienti, e il Burkina Faso è stato identificato dal Consiglio norvegese per i rifugiati come la crisi più trascurata al mondo per il secondo anno consecutivo. Le accuse di violazioni dei diritti umani da parte delle forze militari burkinabé, inclusi arresti e sparizioni forzate di attivisti, giornalisti e politici, aggiungono un ulteriore livello di complessità alla già critica situazione del paese.
La leadership di Traore è messa alla prova, e il futuro del paese dipende dalla capacità del governo di stabilizzare la situazione, ristabilire la sicurezza e avviare un reale processo di democratizzazione.