Caso al-Masry: Meloni indagata con Piantedosi, Nordio e Mantovano

Al-Masry rimpatriato con un volo dei servizi segreti: è ricercato per crimini di guerra e contro l'umanità. Sullo sfondo il consolidamento dell'influenza italiana in Libia.

di Enrico Oliari

Favoreggiamento e peculato. Sono le accuse alla base di un avviso di garanzia emesso nei confronti del presidente del Consiglio Giorgia Meloni a seguito del caso del generale libico Njeem Osama al-Masry, arrestato nei giorni scorsi a Torino su mandato della Corte penale internazionale (Cpi). Coinvolti anche il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi, il ministro della Giustizia Carlo Nordio, e il sottosegretario del ministero dell’Interno Alfredo Mantovano
Su al-Masry pende tutt’ora un mandato d’arresto con accuse gravissime tra cui crimini di guerra e contro l’umanità: figura chiave del sistema repressivo libico, è ritenuto dagli inquirenti responsabile di soprusi presso la prigione di Mitiga, a Tripoli, dove sarebbero state perpetrate torture fisiche e psicologiche ai prigionieri e agli oppositori politici, ma si parla anche di diversi detenuti spariti nel nulla. Le testimonianze dei sopravvissuti hanno permesso di documentare gli abusi commessi sotto il comando di al-Marsry.
Nonostante il quadro e la richiesta di arresto dell’Interpol, al-Marsry è stato rimpatriato il 22 gennaio addirittura con un volo dei servizi segreti su ordine, stando alle denunce di diversi parlamentari, diretto di Meloni.
Alla base del rilascio vi sarebbero stati vizi procedurali, si è parlato del mancato avvisto da parte della Digos di Torino al ministero della Giustizia dell’operazione in corso, della mancata firma del ministro della Giustizia come pure, ha spiegato Meloni, del fatto che il mandato d’arresto era stato spiccato solo quando al-Masry era in viaggio verso l’Italia e non quando aveva soggiornato in altri Paesi europei. Il premier ha anche fatto notare che la Cpi non aveva trasmesso la richiesta di arresto secondo i canali ufficiali limitandosi alla via diplomatica, per cui, ha dichiarato, “Non sono ricattabile e non mi faccio intimidire”.
Al-Masry era stato in realtà arrestato a Torino ad un controllo casuale degli agenti di polizia mentre rientrava da una partita di calcio. Una volta rimpatriato era stato accolto con festeggiamenti a Tripoli.
L’avviso di garanzia a Meloni risponderebbe comunque a un atto dovuto, stante la denuncia, come lei stessa a riportato in un suo videomessaggio, “presentata dall’avvocato Luigi Li Gotti, ex politico di sinistra molto vicino a Romano Prodi, conosciuto per avere difeso pentiti del calibro di Buscetta, Brusca e altri mafiosi”, nonché “per 30 anni militante del MSI”.
Il Tribunale dei ministri ha ora 90 giorni di tempo per esprimersi sull’autorizzazione a procedere, annullando il procedimento o rinviandolo al Tribunale di Roma, ma la critica mossa dalle opposizioni a Meloni è innanzitutto quella di continuare a evitare il confronto in Parlamento, limitandosi a comodi e propagandistici videomessaggi.
Alla base del rilascio di al-Masry vi potrebbero esserci tuttavia interessi nazionali da leggersi nei rapporti con la Libia, non solo sul tema dei migranti e dell’energia. L’Italia è infatti impegnata a recuperare l’influenza persa con lo scoppio della guerra civile che ha portato la fine del regime di Muammar Gheddafi. Oggi nel paese nordafricano la situazione politica e sociale continua ad essere instabile, anche perchè le varie tribù del paese costituiscono un mosaico fatto di interessi propri e di alleanze mutevoli. Oltre a tale frammentazione, a Tripoli vi è il governo riconosciuto dalla comunità internazionale, oggi guidato dal premier ad interim Abdul Hamid Mohammed Dbeibehm mentre a est a comandare è il generale Khalifa Haftar. L’Italia cerca insomma di riprendersi il suo posto, ma oggi si trova a dover sgomitare con altri attori internazionali tra cui Emirati Arabi Uniti, Russia e Turchia. Proprio in Libia, nella parte controllata dal generale Khalifa Haftar, sarebbero giunti nei giorni scorsi gli aerei da guerra russi spostati dalla base siriana di Hmeimim.
Il rilascio di al-Marsry rafforzerebbe quindi l’alleanza di Tripoli con l’Italia.