
di Giuseppe Gagliano –
In un mondo scosso da venti di protezionismo e rivalità geopolitiche, il premier cinese Li Qiang ha scelto il palcoscenico del vertice trilaterale ASEAN-GCC-Cina per lanciare un messaggio chiaro: la cooperazione economica tra Asia e Golfo è la risposta alle barriere commerciali che minacciano la globalizzazione. Parlando a una platea di leader del Sud-Est asiatico e del Consiglio di Cooperazione del Golfo (GCC), Li ha invocato un’apertura economica senza compromessi, esortando i paesi presenti a rimuovere gli ostacoli al commercio e a rafforzare un sistema multilaterale con l’Organizzazione Mondiale del Commercio (OMC) al centro. L’incontro, ospitato dalla Malesia durante il 46° vertice ASEAN, non è stato solo un esercizio di diplomazia: ha segnato un passo verso la costruzione di un blocco economico alternativo, capace di resistere alle pressioni di un ordine globale sempre più frammentato.
Il contesto del discorso di Li Qiang è tutt’altro che neutrale. La guerra commerciale innescata dal presidente statunitense Donald Trump, con l’imposizione di dazi globali il 2 aprile 2025, ha scosso le fondamenta del commercio internazionale. Sebbene la maggior parte di questi dazi sia stata sospesa il 12 maggio, con Washington che ha ridotto le tariffe sulle importazioni cinesi dal 145% al 30% e Pechino che ha risposto abbassando le sue dal 125% al 10%, la tregua è fragile, valida solo per 90 giorni. In questo scenario, la Cina vede nell’ASEAN e nel GCC dei partner strategici per diversificare i propri mercati e ridurre la dipendenza dagli Stati Uniti, che rimangono un colosso economico ma anche una fonte di incertezza politica.
Li Qiang, arrivato a Kuala Lumpur il 26 maggio, ha trovato nel primo ministro malese Anwar Ibrahim un alleato entusiasta. La Malesia, che detiene la presidenza di turno dell’ASEAN, ha orchestrato il summit trilaterale come un’occasione per rafforzare i legami tra i due blocchi regionali e Pechino. Anwar ha aperto l’incontro con un discorso ambizioso, sottolineando che la partnership ASEAN-GCC è “più cruciale che mai” in un mondo segnato da incertezze economiche e sfide geopolitiche. La presenza di figure di spicco come l’emiro del Qatar, Tamim bin Hamad Al Thani, e i principi ereditari di Kuwait e Bahrein ha confermato l’importanza attribuita dal Golfo a questa iniziativa.
Contro il protezionismo, la via della cooperazione
Le parole di Li Qiang non hanno nominato direttamente gli Stati Uniti, ma il riferimento al “crescente protezionismo e unilateralismo” è stato inequivocabile. La Cina, che ha basato la sua ripresa economica post-pandemica su una crescita trainata dalle esportazioni, si trova a navigare un terreno insidioso: la domanda interna rimane debole, le pressioni deflazionistiche persistono e le tensioni con l’Occidente, alimentate da politiche di disaccoppiamento economico, rappresentano una minaccia costante. Per questo, Li ha insistito sulla necessità di un sistema commerciale aperto, con l’OMC come pilastro, e ha annunciato un aumento record della spesa fiscale cinese per stimolare il consumo interno, un segnale di fiducia nelle prospettive economiche di Pechino.
Il summit trilaterale non è stato solo un’occasione per proclami. La Cina ha proposto iniziative concrete, come l’espansione degli investimenti in infrastrutture digitali e verdi nei paesi ASEAN e GCC, settori in cui Pechino vanta un vantaggio competitivo. Inoltre, accordi preliminari per ridurre le barriere non tariffarie e facilitare gli scambi commerciali tra i tre blocchi sono stati discussi, con l’obiettivo di creare una zona di libero scambio più integrata. Il Qatar, in particolare, ha manifestato interesse per collaborazioni tecnologiche con la Cina, come dimostrato dai recenti negoziati tra il gruppo EDGE degli Emirati Arabi Uniti (un partner strategico di Doha) e la China Electronics Technology Group Corporation per droni dotati di intelligenza artificiale.
La partecipazione dell’emiro Tamim al summit di Kuala Lumpur non è stata casuale. Il Qatar, con la sua diplomazia agile e i suoi ingenti investimenti globali, si sta posizionando come un ponte tra l’Asia e il Medio Oriente. La presenza di Doha al vertice riflette la sua strategia di diversificazione economica e geopolitica, che include un rafforzamento dei legami con la Cina per bilanciare le relazioni con gli Stati Uniti. Durante il summit, Tamim ha sottolineato l’importanza di una cooperazione economica che non solo favorisca gli scambi commerciali, ma rafforzi anche la sicurezza regionale, un tema cruciale per il GCC in un contesto di tensioni con l’Iran e di instabilità in Yemen.
Il Qatar, insieme ad altri membri del GCC come Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti, vede nella Cina un partner affidabile per progetti infrastrutturali e tecnologici. Ad esempio, la collaborazione tra Abu Dhabi e Pechino nel campo dell’intelligenza artificiale e dei droni, come discusso in recenti trattative, potrebbe estendersi a Doha, che sta investendo pesantemente in tecnologie avanzate per diversificare la propria economia. Inoltre, il Qatar ha sfruttato il summit per promuovere la sua immagine di mediatore regionale, forte del successo nei negoziati per la liberazione degli ostaggi detenuti da Hamas, un ruolo che ha rafforzato la sua credibilità internazionale.
Nonostante l’entusiasmo, il progetto di un’alleanza economica tra ASEAN, GCC e Cina deve affrontare ostacoli significativi. I sei membri dell’ASEAN colpiti dai dazi americani – con tariffe che oscillano tra il 32% e il 49% – hanno espresso preoccupazioni per l’impatto economico delle politiche protezionistiche di Trump. Anwar Ibrahim ha chiarito che qualsiasi accordo bilaterale con Washington non dovrà danneggiare le economie dei partner regionali, un principio che riflette la cautela dell’ASEAN di fronte alle pressioni geopolitiche. La richiesta di un vertice ASEAN-USA, avanzata dal premier malese, è ancora in attesa di una risposta da Washington, un segnale delle difficoltà nel mantenere un dialogo costruttivo con l’amministrazione Trump.
La Cina, dal canto suo, deve bilanciare la sua ambizione di leadership economica con la necessità di non alienare i partner occidentali. La partecipazione di Li Qiang al summit è stata descritta da Al Jazeera come “tempestiva e calcolata”, un tentativo di capitalizzare le tensioni tra il GCC, l’ASEAN e gli Stati Uniti per rafforzare l’influenza di Pechino. Tuttavia, la dipendenza di molti paesi ASEAN e GCC dagli Stati Uniti per la sicurezza militare – si pensi alla base americana di al-Udeid in Qatar o agli accordi di difesa tra Washington e Riad – limita la portata di questa alleanza economica.
Il summit di Kuala Lumpur rappresenta un tassello importante nella strategia cinese di costruire un blocco economico resiliente, capace di resistere alle tempeste del protezionismo globale. Per il Qatar e gli altri membri del GCC, l’incontro offre un’opportunità per diversificare le partnership e ridurre la dipendenza da un Occidente sempre più imprevedibile. Tuttavia, il successo di questa iniziativa dipenderà dalla capacità di tradurre le parole in azioni concrete: accordi commerciali, investimenti congiunti e una cooperazione tecnologica che non si limiti a dichiarazioni di intenti.
In un mondo in cui le linee di frattura geopolitiche si fanno sempre più profonde, la Cina di Li Qiang e il Qatar di Tamim stanno scommettendo su un futuro di apertura e collaborazione. Ma il cammino è irto di ostacoli: le tensioni con gli Stati Uniti, le rivalità interne al GCC e le incertezze economiche globali saranno i veri banchi di prova per questa ambiziosa alleanza. Per ora, il messaggio da Kuala Lumpur è chiaro: il commercio può essere un’arma più potente delle barriere, e il Golfo, insieme all’Asia, intende giocarla con decisione.