Cina. “Hai pensato ai tuoi genitori?” Le terapie di conversione per le persone Lgbt

di Vanessa Tomassini –

Nonostante l’omosessualità nella Repubblica Popolare Cinese non sia considerata né un reato, né una malattia, gli ospedali pubblici e le cliniche private in Cina continuano ad offrire la cosiddetta “terapia di conversione”, che mira a cambiare l’orientamento sessuale di un individuo omosessuale o bisessuale, per costringerlo a quella per lui innaturale “retta via” dell’eterosessualità. A documentare gli abusi del trattamento di conversione fatto di coercizione e minacce, abduzione fisica, confinamento arbitrario, farmaci forzati, iniezioni, fino ad arrivare all’uso dell’elettroshock, è Human Rights Watch (HRW) che ha intervistato 17 persone di diverse regioni, costrette a sottoporsi alla terapia dai genitori, o da un’intollerabile pressione sociale. Gli osservatori dei diritti umani hanno lavorato anche a stretto contatto con gli attivisti delle associazioni Lgbt che hanno rivelato una realtà sconvolgente nel Paese del Dragone rosso. “Lo psichiatra ha detto a mia madre: l’omosessualità è come tutte le altre malattie mentali, come la depressione, l’ansia o il bipolarismo. Può essere curato …. Fidati di me, lascialo qui, è in buone mani”, racconta ai ricercatori Wen Qi. Se infatti la Società cinese di psichiatria ha rimosso l’omosessualità dalla lista dei disturbi mentali, nel 2001, le autorità di Pechino non hanno adottato le misure necessarie per aggiornare il personale sanitario e per impedire agli ospedali pubblici o alle cliniche private di offrire la famigerata terapia di conversione sessuale. HRW ha documentato come non sia stato fatto nulla per mettere fine a delle pratiche medievali, come l’emanazione di linee guida chiare a tutti gli ospedali, alle cliniche pubbliche e private che indichino tali trattamenti come fuori legge, senza monitorare le strutture mediche per determinare se la terapia di conversione sta avvenendo o meno. I ricercatori hanno anche dimostrato come, nella maggior parte dei casi, “la terapia di conversione è avvenuta in ospedali pubblici, gestiti e controllati dal governo”. In alcuni casi “è stata condotta in cliniche psichiatriche o psicologiche di proprietà privata, autorizzate e supervisionate dalla Commissione nazionale per la pianificazione della salute e della famiglia”. Malgrado l’omosessualità e la transessualità siano state raffigurate nelle arti e nella letteratura cinese fin dall’antichità, la società moderna fa fatica ad accettare l’amore tra due persone dello stesso sesso. I genitori impongono ai propri figli il matrimonio eterosessuale, in quanto un figlio gay vorrebbe dire mettere fine alla dinastia, al nome della famiglia ed è per questo che giovani ragazzi e ragazze vengono trascinati nei corridoi degli ospedali e sottoposti ad inaudite violenze e cure farmacologiche, ad isolamenti e manipolazioni psicologiche, che non danno ovviamente alcun risultato. “Tra i tre principali modi di essere irrispettosi verso i tuoi genitori e antenati, il più grave è non avere figli”. Questo proverbio mandarino riassume le idee sociali sui valori della famiglia tradizionale in Cina. Le coppie composte da individui dello stesso sesso sono considerate ostili all’obiettivo di trasmettere la discendenza attraverso la prole biologica, oltre al pensiero che non avere bambini significhi non poter avere un “bastone per la vecchiaia” su cui contare. Hrw ha anche provato una politica sociale repressiva nei confronti della comunità lgbt, oltre alle innumerevoli difficoltà legali e burocratiche che le associazioni per i diritti umani devono affrontare. Ecco alcuni casi eclatanti segnalati nel report:
Nel giugno 2017, sotto la direzione del governo cinese, la China Netcasting Service Association ha emesso nuove linee guida che richiedono la rimozione di tutti i video con contenuti di relazioni omosessuali da Internet, un forum vitale per il networking e la comunicazione per le persone LGBT;
Nel maggio 2017, il governo cinese ha chiuso l’applicazione di incontri lesbo “Rela” ed ha obbligato la cancellazione di una conferenza sui diritti LGBT a Xi’an, dopo che gli organizzatori e gli attivisti erano stati arrestati e detenuti;
Nel 2016, lo stesso governo ha ordinato la rimozione dalla rete della prima serie televisiva online gay;
Nel 2015, le pressioni ufficiali hanno costretto gli attivisti a Pechino a cancellare il gaypride;
Nel marzo 2015, cinque femministe, apertamente schierate per i diritti delle persone LGBT, sono state arrestate e poste in una struttura di detenzione nella parte occidentale di Pechino per organizzare una campagna di sensibilizzazione pubblica contro le molestie sessuali sui mezzi pubblici.
“Il giorno seguente mia zia e altri tre suoi amici maschi arrivarono a casa. Insieme ai miei genitori, mi hanno chiesto di mettere in valigia i miei vestiti e altre cose. Non volevo andare, così mi sono rifiutato di fare i bagagli … Mia madre e le sue amiche mi portarono in macchina all’ospedale psichiatrico della città. Sapevo che lo avrebbero fatto, dopo che avevo fatto coming-out con i miei genitori, il giorno prima. Sapevo che sarebbe successo”. Sono queste le parole di Li Zhi, uno dei tanti giovani omosessuali che hanno scelto di raccontare la propria storia. Non si tratta di un film, un horror o una serie televisiva, è tutto vero. Speriamo che la Cina accolga l’appello dell’Organizzazione per i diritti umani e conceda ad ogni bambino di vivere liberamente la sua sessualità, lasciando a ciascuno la facoltà di scegliere il proprio lieto fine.