Cina. La diplomazia dei panda

di Annalisa Giovannini

E’ usanza in molti paesi inviare doni diplomatici per conciliazione e supporto alle proprie politiche estere. I registri della dinastia Tang mostrano che due panda furono presentati alla corte giapponese durante il regno dell’imperatrice Wu Zetian (624-705) per cui inviare panda, era anche un modo per avviare una prima forma di cooperazione scientifica tra le parti, volta a favorire la tutela delle specie animali più rare al mondo che rappresenta da secoli uno strumento di politica estera per la Cina.
Per molto tempo è stata usanza in Cina inviare questi ambasciatori pelosi in bianco e nero in tutto il mondo per un’offensiva diplomatica e uno strumento di soft power di grande fascino e anche per testare l’abilità di un Paese di creare consenso non attraverso la coercizione, ma tramite la persuasione.
Chiang Kai-shek, leader nazionalista della Repubblica di Cina, spedì in America nel 1941 due panda come forma di ringraziamento per l’ingresso di Washington nella seconda guerra mondiale.
L’episodio più saliente risale al 1972, anno della prima visita di un presidente degli Stati Uniti: Nixon e Mao Tse-Tung con il premier Zhou Enalai, si incontrano nel tentativo di aprire un processo di distensione tra i due paesi.
Gli Stati Uniti e la Repubblica Popolare Cinese avevano appena cominciato a parlarsi dopo oltre vent’anni di tensioni, e la donazione dei panda simboleggiava la volontà di Pechino di aprirsi al dialogo con Washington.
Tra il 1957 e il 1983, ben ventiquattro panda cinesi sono stati regalati a diverse nazioni alleate di Pechino, tra questi la Russia e la Corea del Nord, e in ogni caso hanno sempre rappresentato un potente strumento anche sul piano economico.
Oggi una forte concorrenza commerciale e disaccordi su Taiwan le tensioni tra Cina e Stati Uniti erano aumentate al punto che la tradizionale “diplomazia del panda” di Pechino sembrava essersi congelata.
Recentemente il dragone ha deciso di regalare o concedere panda giganti ai Paesi amici tramite prestiti a lungo termine, dietro il pagamento di un milione di dollari l’anno per esemplare. Negli ultimi anni, i panda sono stati perlopiù offerti a nazioni con cui la Cina aveva interesse a concludere importanti accordi commerciali in cui la diplomazia dei panda non valeva solo sul piano metaforico, ma con l’obiettivo strategico di rafforzare le alleanze e corteggiare nuovi potenziali partner. Passo dopo passo con Xi Jinping i panda assumono un ruolo simbolico e vengono sostituiti da un altro strumento della diplomazia straniera, anch’esso con radici storiche: la diplomazia della Nuova Via della Seta, o diplomazia della Belt and Road, un labirinto di strade, ferrovie e oleodotti che collega l’Asia all’Europa.