Cina. La nuova legge sul tracciamento delle navi “spegne” i sistemi internazionali

di C. Alessandro Mauceri

Nei mesi scorsi la Cina ha apportato alcune modifiche, entrate in vigore da settembre 2021, alle norme sulla sicurezza marittima che potrebbero avere conseguenze rilevanti sull’accesso internazionale ai dati AIS. Il sistema di monitoraggio internazionale Automatic Identification System (AIS) è stato pensato per contribuire alla sicurezza della navigazione, evitando collisioni tra grandi navi, e coordinare le operazioni di soccorso in caso di incidenti in mare. Prevede che le navi inviino dati sulla propria posizione, rotta e velocità a stazioni basate sulla costa, attraverso segnali radio ad alta frequenza. Se una nave si trova fuori dalla copertura terrestre è possibile inviare queste informazioni via satellite. Si tratta di uno strumento vitale per gestire le “supply chain”, le catene di approvvigionamento commerciale, segnalando il traffico in prossimità dei porti e i tempi di attesa per l’attracco e le operazioni di carico e scarico dei container. Si pensi, ad esempio, a quanto è avvenuto solo pochi mesi fa nel canale di Suez o poco dopo in uno dei maggiori porti commerciali cinesi.
Le nuove leggi riviste e adottate dal Congresso nazionale, secondo fonti ufficiali, avrebbero lo scopo di rafforzare la gestione del traffico marittimo, mantenere l’ordine, garantire la sicurezza della vita e della proprietà e salvaguardare i diritti e gli interessi dello Stato. Per questo la direttiva prevede che gli operatori navali, sia commerciali che militari, forniscano dati in particolare nel caso di trasporto di materiali radioattivi, petrolio, prodotti chimici, gas liquefatto e altre sostanze potenzialmente tossiche o nocive. Anche navi nucleari e sommergibili dovranno segnalare questi dati prima di poter navigare attraverso le acque territoriali cinesi.
Secondo Dana Goward, ex direttore del programma di sensibilizzazione sul dominio marittimo della Guardia costiera degli Stati Uniti, l’AIS è fondamentale nel monitoraggio delle navi. Le modifiche introdotte dalle nuove leggi però potrebbero rendere più difficile per gli osservatori stranieri tracciare i movimenti delle navi nel mare di pertinenza della Cina e nei mari limitrofi, compresi i movimenti potenzialmente associati ad attività illecite o clandestine. É vero che alcuni segnali AIS potrebbero essere ricevuti dai satelliti colmando in parte il vuoto lasciato dalle nuove leggi cinesi, ma la perdita di accesso all’AIS terrestre significherebbe comunque un forte calo nella fedeltà di tracciamento nelle acque litoranee cinesi. Nei porti e nei corsi d’acqua affollati della Cina, centinaia di navi potrebbero trasmettere nella stessa piccola area, e verrebbe ad essere difficile per i ricevitori satellitari raccogliere quei segnali strettamente imballati. “Si tratta di uno sfortunato passo indietro per la trasparenza nel trasporto marittimo”, ha detto Goward.
L’effetto immediato delle nuove leggi cinesi è stata la scomparsa della maggior parte delle porta-container nei porti e nelle acque territoriali della Cina dagli schermi dei “global trackers”, i localizzatori del traffico marittimo che forniscono mappe utili alla navigazione e allo smistamento delle navi grazie ai segnali di identificazione delle unità. Già a ottobre, gli analisti hanno registrato un crollo della quantità dei dati: i segnali inviati dalle navi in acque cinesi sono scesi da 15 milioni al giorno a solo un milione. Alla fine, le navi in acque cinesi sono diventate quasi invisibili sull’AIS. Anche la società di consulenza britannica VesselsValue, che utilizza l’AIS terrestre per tracciare i le spedizioni, ha dichiarato di aver visto un calo della disponibilità dei dati AIS di circa il 90% in tutte le acque cinesi. Altre fonti hanno parlato di un calo inferiore, ma comunque significativo. Di fatto questo strumento ha praticamente smesso di funzionare in quella che è la seconda economia del mondo.
La decisione del governo cinese ha riaperto la discussione sui confini delle acque territoriali cinesi. A destare sospetti l’enfasi del governo di Pechino sul fato che la nuova legge riguarda le “aree marittime all’interno della giurisdizione della Cina”. Il punto è che, da tempo, il governo cinese rivendica la sovranità su buona parte del Mar Cinese Meridionale, incluse aree situate a centinaia di miglia oltre il limite di 12 miglia nautiche accettato dalla Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare (UNCLOS). Per questo, ha sequestrato o costruito diversi isolotti nelle isole Paracel e Spratly, costruendo basi militari avanzate dotate di sistemi di difesa aerea, piste strategiche e moli per l’attracco di navi militari. Si tratta di una zona particolarmente importante dal punto di vista strategico ma anche commerciale: basti pensare che secondo alcune stime del Ministero degli Affari Esteri cinese, oltre il 55% delle spedizioni commerciali dell’India passa attraverso il Mar Cinese Meridionale e lo Stretto di Malacca.
Secondo Raul Pedrozo, professore di diritto internazionale presso lo Stockton Center for International Law, le nuove leggi potrebbero essere utilizzate per realizzare operazioni strategiche nella zona grigia e intimidire i paesi vicini. “La Cina sta ancora una volta testando la comunità internazionale per valutare come reagirà all’emanazione di un’altra legge marittima che supera i limiti giurisdizionali consentiti del diritto internazionale, come riflesso nell’UNCLOS” ha detto Pedrozo.
Un’opinione condivisa dal Pentagono: fonti non ufficiali hanno detto che le nuove norme introdotte dal governo cinese potrebbero rappresentare una “seria minaccia” per la libertà di navigazione.