Cina. Virus: 1.115 i decessi. Ma è guerra (interna) sull’informazione

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L’ultimo bollettino ufficiale dell’epidemia di coronavirus, ribattezzato oggi dall’Oms (Organizzazione mondiale della Sanità) “Covid-19”, riporta di 42.708 casi in Cina con 1.115 vittime, mentre nel resto del mondo i contagi accertati sono 393 con due decessi.
In un quadro generale fatto di paura e di difficoltà per la popolazione cinese, specie per quelle che vivono nelle megalopoli isolate dove tutto è fermo, le autorità del regime comunista hanno istituito una task force per contenere la diffusione di fake news ma anche le informazioni allarmanti, come pure hanno provveduto a silurare due alti funzionari del sistema sanitario della provincia di Hubei “colpevoli” di non essere stati in grado di contenere i contagi. Si tratta di Zhng Jin, segretario della Commissione sanitaria dello Hubei, e Liu Yingzi, direttore della stessa commissione, i quali hanno perso il posto e sono ora sotto indagine, ma un’inchiesta è stata aperta anche per il trattamento del medico oculista che per primo aveva lanciato l’allarme, Li Wenliang. Questi è poi deceduto per l’infezione, ma si è appreso che era stato arrestato proprio per aver denunciato l’epidemia, per cui da Pechino è stata inviata ad acquisire informazioni la Commissione nazionale di supervisione, massimo organo anti-corruzione del Paese.
Critiche per la gestione dell’emergenza anche per il sindaco di Wuhan, epicentro dell’infezione, Zhou Xianwang, il quale ha puntato a sua volta il dito contro i vertici del partito affermando che “Come governo locale, non ci è consentito di diffondere informazioni sul contagio, a meno che non siamo autorizzati, cosa che non hanno capito molte persone nelle fasi preliminari”.