Consiglio d’Europa. Libertà d’espressione: ‘preoccupazione per le intimidazioni dei giornalisti’

di C. Alessandro Mauceri –

Il Consiglio d’Europa, alla vigilia della giornata mondiale della libertà di stampa, ha pubblicato il Freedom of expression in 2018 – Report prepared by the information society department (Rapporto sulla libertà di espressione nel 2018 nei paesi europei). https://www.coe.int/en/web/freedom-expression/-/freedom-of-expression-report-assesses-the-situation-in-2018, documento in cui vengono analizzate le principali “minacce” alla libertà di espressione in Europa nel 2018 e le azioni che i governi dovrebbero svolgere per contrastarle.
Nel rapporto si esprime “preoccupazione per l’aumento della violenza e dell’intimidazione nei confronti dei giornalisti e ricorda i casi di almeno due omicidi di giornalisti che indagano attivamente sulla corruzione e sulla criminalità organizzata”.
Non sono mancati attacchi verbali e norme restrittive per le ONG in alcuni Stati, la diffusione di informazioni errate attraverso i media e i canali online e l’impatto negativo della rivoluzione digitale sulla redditività finanziaria di qualità e giornalismo investigativo.
Cinque le “linee d’azione” che secondo i ricercatori richiederebbero un’attenzione particolare da parte del Consiglio d’Europa e dei 47 Stati membri tra cui la protezione dei giornalisti dalla violenza e dalle intimidazioni, l’invito ai governi a non ricorrere eccessivamente a misure per limitare indebitamente la libertà dei media fino alla qualità delle indagini giornalistiche. Lo scorso anno la Corte ha emesso più di 70 sentenze in materia di libertà di espressione, nella maggior parte dei casi a seguito della constatazione di violazioni. La maggior parte delle violazioni sono state riscontrate in Turchia e in Russia ma non sono mancati i casi (ben 23) nei paesi dell’Ue.
Molti anche i casi di violazione della Convenzione europea dei Diritti umani. In questo caso i ricercatori hanno fornito anche un quadro storico della situazione partendo dal 1959. Ebbene, se da un lato è vero che lo scorso anno il paese europeo con più ricorsi pare essere stato la Francia, dall’altro, guardando al numero complessivo di violazioni, dopo la Turchia (saldamente al primo posto) e la Russia, viene con oltre 2500 “judgements” l’Italia.
Un problema che, nel tempo, non sembra essere cambiato. Non è un caso se, nel rapporto Libertà d’espressione nel 2018, al governo del Bel Paese non sono mancano dure bacchettate. E, secondo il CdE, con tanto di nome e cognome del responsabile: “Pressioni finanziarie, favoritismo e altre forme di manipolazione dei media possono essere museruole insidiose e sono sempre più usate da politici di ogni colore. In Italia il vice primo-ministro e leader del Movimento 5 Stelle ha chiesto alle imprese di proprietà statale di smettere di fare pubblicità sui giornali e ha annunciato piani per una riduzione dei contributi pubblici indiretti ai media nel bilancio 2019”. Limitazioni che, a volte, secondo gli esperti del CdE avrebbero raggiunto (e superato) i limiti.