Corea del Nord. Kim fa giustiziare i “colpevoli” del fallimento dei vertici con Trump

di Guido Keller

Il leader nordcoreano Kim Jong-un avrebbe fatto giustiziare Kim Hyok-chol, incaricato del regime a trattare con gli Usa e promotore insieme con il braccio destro del presidente Kim Yong-chol dei vertici con Donald Trump a Singapore del giugno di un anno fa di Singapore e ad Hanoi del febbraio scorso.
A riportarlo è stato il quotidiano sudcoreano Chosun Ilbo, ma il condizionale è d’obbligo, dal momento che da Pyongyang non arrivano, come da tradizione, conferme o smentite e già in passato la stampa sudcoreana ha diffuso notizie sulla Corea del Nord rivelatesi poi bufale.
Certo è che il quotidiano di regime Rodong Sinmun ha pubblicato un duro editoriale contro “gli ufficiali a due facce”, che affronteranno “il duro giudizio della rivoluzione”, e difatti Kim Hyok-chol e Kim Yong-chol sarebbero stati ritenuti colpevoli del fallimento dell’ultimo vertice, quello di Hanoi, e mentre l’uno sarebbe stato giustiziato già in marzo all’aeroporto Mirim, il secondo sarebbe stato inviato in un gulag.
Giustiziati con la debole accusa ufficiale di spionaggio anche quattro funzionari del ministero degli Esteri nordcoreano e, sempre secondo il quotidiano sudcoreano, anche l’interprete dell’incontro di Hanoi, il quale non avrebbe tradotto in modo appropriato o quantomeno convincente la proposta formulata da Kim all’ultimo minuto, prima che il presidente Usa lasciasse il negoziato.
Come si diceva è praticamente impossibile appurare la veridicità di tali informazioni, ma è un dato di fatto che da quel vertice vietnamita Kim Hyok-chol non è più apparso in qualsivoglia occasione ufficiale. A pesare dal punto di vista diplomatico e politico è anche l’assenza dalla scena di Kim Yong-chol, potente ex capo dell’intelligence e controparte del segretario di stato Usa Mike Pompeo negli incontri preparatori dei vertici.
L’incontro di Hanoi era stato un disastro. Il faccia a faccia di 45 minuti non aveva permesso di superare scogli importanti come il rientro delle sanzioni e la denuclearizzazione strutturale della Corea del Nord, a cominciare dallo smantellamento del rettore di Yongbyon, cioè della fucina di armi atomiche principale del regime. Kim aveva tuttavia garantito al presidente Usa la disponibilità a sospendere le attività nucleari e missilistiche, cosa che sembra esserci stata se non si considerano alcune notizie contraddittorie uscite di recente sulla stampa della Corea del Sud e del Giappone.
Sia da parte Usa che da parte nordcoreana non era mancato il proposito di proseguire con il dialogo, ma l’argomento di maggiore frizione è continuato ad essere quello della denuclearizzare di tutta la penisola, una condicio sine qua non per il presidente nordcoreano, mentre per Trump, che in Corea del Sud ha ancora oggi 33mila militari nonché armi di ogni genere, a cedere avrebbe dovuto essere solo il regime nordcoreano.