Corea del Nord. La farsa delle sanzioni. Putin, ‘mangeranno erba, ma non rinunceranno al loro programma’

di Enrico Oliari –

Al di là delle parole grosse e delle frasi ad effetto l’orientamento generale è quello di “punire” la Corea del Nord per il sesto esperimento nucleare con un ulteriore inasprimento delle sanzioni, una soluzione che pur colpendo il regime di Kim Jong-un lascerebbe una porticina aperta ad eventuali trattative che possano portare alla de-escalation.
Sanzioni auspicate dagli Stati Uniti e dalla loro cordata (Giappone e Corea del Sud), “le più pesanti mai imposte”, ha detto l’ambasciatrice statunitense all’Onu Nikky Haley, anche perché, ha sottolineato il segretario di Stato Rex Tillerson, la Nord Corea ”ci sta pregando di fare la guerra”, ed è ora di farla finita con “le mezze misure”.
La Corea del Sud ha fatto sapere che alla riunione del Consiglio di sicurezza dell’Onu, la cui risoluzione verrà votata settimana prossima, verranno chieste “nuove misure più dure che siano proporzionate al livello e alla portata della gravissima minaccia posta da Pyongyang”, ed anche i principali paesi europei si sono espressi per la via delle sanzioni, in realtà al momento l’unico strumento in mano alla diplomazia internazionale per convincere il giovane Kim a smetterla con i giochi di guerra.
Tuttavia sul tema oggi spicca l’intervento del presidente russo Vladimir Putin, il quale ha fatto notare che “i nordcoreani mangeranno erba ma non rinunceranno ai loro piani militari fino a che non si sentiranno sicuri”, e con un tono ironico (ma non troppo) ha ricordato che “È assurdo mettere la Russia sulla stessa lista nera con la Corea del Nord e l’Iran, e poi chiederci di aderire alla questione delle sanzioni contro Pyongyang”. “D’altro canto – ha fatto notare Putin – già oggi gli scambi commerciali con la Corea del Nord sono praticamente pari a zero”, per cui le sanzioni sarebbero pressoché assurde.
Putin non sbaglia. Uno dei pochissimi paesi che ha scambi commerciali con la Corea del Nord è la Cina, la quale importa l’85% dell’export nordcoreano e manda in Corea del Nord l’82% delle merci che i nordcoreani ricevono: già a seguito delle precedenti risoluzioni dell’Onu vi è stata una drastica riduzione delle spedizioni di carbone e di altri beni dalla Cina alla Corea del Nord.
Incredibilmente un altro paese che ha rapporti commerciali con la Corea del Nord, perlopiù si tratta di esportazioni, è il Giappone, il quale, nonostante sia da sempre ritenuto un nemico da Pyongyan al punto che solo pochi giorni fa è stato attraversato da un missile balistico nordcoreano, intrattiene rapporti per 2 miliardi di dollari con Pyongyang. Pecunia non olet.
Il resto sono rapporti commerciali minimi, in particolare con Messico, India, l’Angola e Brasile, ma il 14 agosto il New York Times ha riportato in un articolo di Michael Elleman indiscrezioni provenienti dall’International Institute for Strategic Studies (IISS) di Londra dai servizi segreti Usa secondo cui i recenti progressi del programma missilistico nordcoreano sarebbero stati ottenuti grazie a versioni modificate del motore RD-250 prodotto dalla fabbrica statale ucraina KB Yuzhnoye, montato sui missili Hwasong-12 e Hwasong-14.
Quella delle sanzioni è quindi l’ennesima azione di circostanza e nulla di più, una strategia scelta, nonostante Pyongyang stia per testare un altro missile balistico, per non arrivare al cuore del problema: tenendo presente che più alta è la tensione, più copiosa è la vendita di armi e armamenti, l’atteggiamento belligerante del regime nordcoreano si spiega con il fatto che la Corea del Nord si trova ancora ufficialmente in guerra con gli Usa e la Corea del Sud, in quanto non è mai stata firmata la pace dal conflitto 1950 – 1953. Contestualmente gli Usa mantengono nelle proprie basi in Corea del Sud circa 33mila militari, da anni vengono compiute esercitazioni navali e militari e soprattutto lì gli Usa hanno istallato armi di ogni genere, in pratica sotto la casa del nemico.
Da parte sua il regime nordcoreano utilizza la retorica da guerra anche in chiave interna per giustificare al suo popolo, costretto specie nelle aree rurali alla fame, le ingenti spese militari.