di Giuseppe Gagliano –
Non è ancora del tutto chiaro cosa stia accadendo in Corea del Sud, dove in un discorso televisivo alla nazione il presidente sudcoreano Yoon Suk-yeol ha annunciato l’istituzione della legge marziale, un provvedimento di emergenza che segna un drammatico punto di svolta nella politica locale. La decisione, motivata dal presidente come necessaria per “eradicare le forze pro-Nord Corea e proteggere l’ordine costituzionale della libertà”, arriva in un momento di estrema tensione politica e istituzionale. Bloccato l’accesso al Parlamento.
La proclamazione della legge marziale segue giorni di scontro aperto tra il governo e l’opposizione. Il Partito Democratico, forza di opposizione dominante, ha recentemente approvato una versione ridotta del bilancio statale in commissione parlamentare, ignorando le proteste del governo. Non solo: ha anche presentato mozioni di impeachment contro due figure chiave dell’amministrazione Yoon, il capo dell’auditor statale e il procuratore generale.
Queste mosse sono state definite dal presidente Yoon come “attività anti-statali” e un tentativo di ribellione contro il suo governo. Secondo l’amministrazione, l’opposizione starebbe utilizzando strumenti parlamentari per destabilizzare il Paese e favorire, indirettamente, interessi pro-Nord Corea.
Nella sua dichiarazione, Yoon ha accusato apertamente il Partito Democratico di complottare contro la Repubblica di Corea, insinuando che alcune delle sue figure siano allineate a posizioni favorevoli a Pyongyang. Queste affermazioni rappresentano un’accusa gravissima in un Paese che vive ancora sotto la minaccia permanente della Corea del Nord. Il presidente ha giustificato la legge marziale come un “mezzo necessario per proteggere la nazione e ripristinare l’ordine”.
Tuttavia gli osservatori internazionali si interrogano sull’opportunità e la legittimità di una misura così estrema. La legge marziale consente alle forze armate di assumere il controllo delle funzioni di sicurezza interna, limitando le libertà civili e mettendo in discussione il funzionamento democratico delle istituzioni.
La decisione di Yoon Suk-yeol ha immediatamente polarizzato l’opinione pubblica. Da un lato i sostenitori del presidente elogiano la sua fermezza, descrivendolo come un difensore della democrazia contro le minacce interne ed esterne. Dall’altro lato i critici vedono nella legge marziale un pretesto per consolidare il potere e reprimere l’opposizione politica.
Il Partito Democratico ha risposto duramente, accusando Yoon di aver superato ogni limite istituzionale. “Questa è una dittatura mascherata da difesa dell’ordine costituzionale”, ha dichiarato Lee Jae-myung, leader del Partito Democratico. Il rischio di scontri nelle strade tra sostenitori e oppositori del governo appare sempre più concreto.
La decisione di Yoon Suk-yeol non può essere separata dal contesto geopolitico della penisola coreana. Le tensioni con Pyongyang sono aumentate negli ultimi mesi, con la Corea del Nord che continua a testare missili balistici e a rafforzare la sua retorica contro Seul e Washington.
In questo scenario Yoon ha cercato di rafforzare l’alleanza con gli Stati Uniti, puntando su una politica di sicurezza dura e una stretta cooperazione militare. Tuttavia, la legge marziale rischia di complicare i rapporti con i partner occidentali, preoccupati per la deriva autoritaria del governo sudcoreano.
La proclamazione della legge marziale da parte del presidente Yoon Suk-yeol rappresenta un momento di svolta per la Corea del Sud, una democrazia che si è sempre vantata della propria stabilità istituzionale nonostante le divisioni interne.
Mentre il governo giustifica la misura come una risposta necessaria a una presunta ribellione interna, i critici temono che possa segnare l’inizio di una repressione politica su larga scala. Il futuro della Corea del Sud è ora più incerto che mai, e il mondo guarda con apprensione a una crisi che rischia di destabilizzare ulteriormente una regione già altamente volatile.
Si è appreso poi che a presidio del Parlamento è intervenuto l’esercito, quindi i 190 deputati hanno votato all’unanimità la richiesta di ritiro della legge marziale.